Trinitapoli. I sacri ipogei dal tempio alla tomba II parte - Il ritorno

Trinitapoli. I sacri ipogei dal tempio alla tomba

Archeologia Viva n. 193 – gennaio/febbraio 2019
pp. 50-60

di Anna Maria Tunzi

Sul volgere del XVI sec. a.C. nelle bancate rocciose del Tavoliere delle Puglie cessò la costruzione degli ipogei di un grande santuario per il culto della fertilità ma qualche generazione dopo alcune delle strutture sotterranee vennero riaperte per diventare luoghi di sepoltura delle locali aristocrazie indigene

Sul volgere del XVI sec. a.C., forse per il mutare delle tradizioni e la riduzione di spazi sotterranei ancora disponibili, nelle bancate rocciose del Tavoliere delle Puglie, nel territorio attuale di Trinitapoli – dove a partire dal XIX sec. a.C. si era formato un grande santuario per il culto della fertilità – cessò la costruzione di nuovi ipogei, anche se l’attività cultuale proseguì fino all’XI-X sec. a.C. con l’avanzare degli allineamenti di buche e la realizzazione di una importante via sacra (vedi: AV n. 192).

Tuttavia, alcune generazioni dopo, tra un momento finale del Protoappenninico e fino agli inizi del Subappenninico (XVI – prima metà XIII sec. a.C.), alcuni ipogei furono riaperti per essere utilizzati come luoghi di sepoltura. Finora sono stati individuati con tali caratteristiche quattro ipogei monumentali (“dei Fermatreccia”, “dei Bronzi”, “degli Avori” e “Minervino”) e un ipogeo minore (“del Gigante”).

Nel caso degli ipogei monumentali (articolati in un dromos di accesso, in un lungo e angusto corridoio sotterraneo definito stomion e in una grande sala) la ripresa della frequentazione degli ambienti da riadoperare come necropoli – coniugata al sacro rispetto del dromos di cui non doveva essere violata la sigillatura con pietre realizzata alla fine della fase cultuale dell’ipogeo – avvenne con due diverse soluzioni: se intorno sussistevano superfici ancora libere, si attrezzava il vecchio ipogeo di un secondo accesso con la consueta articolazione di dromos e stomion; altrimenti, si praticava un varco nel punto d’inizio dello stomion, sacrificandone un tratto di volta. Questi antichi ipogei vennero resi così nuovamente accessibili per accogliere centinaia di inumati di ambo i sessi.

Nel buio degli ipogei il riflesso degli strati sociali

Negli ipogei un tempo adibiti al culto erano ammessi al seppellimento solo uomini, donne, anziani e bambini dei gruppi dominanti, i cui corpi, insieme ai ricchi corredi, venivano collocati verosimilmente in base al rango e ai legami di parentela. Lo proverebbe l’uso gerarchico dello spazio ipogeo: la disposizione dei defunti non avanza, come sembrerebbe funzionale, dal fondo della sala verso lo stomion e dunque l’uscita.

Si rilevano, invece, distribuzioni a macchia di leopardo delle sepolture più antiche, dislocate tanto nella sala quanto nello “scomodo” stomion. Nella sala si riscontra un’alternanza di zone di particolare addensamento di corpi e zone con presenze più rade, confermando la pratica di assegnazioni di specifici spazi a seconda del rango. […]