Incontro con Paolo Moreno La voce della storia

Archeologia Viva n. 118 – luglio/agosto 2006
pp. 66-67

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«A un certo momento della loro storia i Greci hanno realizzato nell’arte l’idea platonica di un mondo superiore»

«La nostra produzione vale quanto quella degli antichi»

«Leggere quanto ne scrivono gli archeologi ma osservare e approfondire di per sé l’opera venuta dal passato»

«La storia dell’arte greca va riscritta sugli originali che continuano ad aggiungersi in buon numero» 

«Il Pugile delle Terme è un capolavoro di età classica e sappiamo dire perché»

Instancabile lettore di opere d’arte antica. Per la prima volta ha valutato l’insieme degli originali greci recuperati attraverso scavi, rinvenimenti subacquei, ricognizioni di capolavori misconosciuti. Ha ottenuto il Premio internazionale “Tarquinia-Cardarelli” 2004 (Sezione archeologia), appunto con la motivazione che «gli si deve il nuovo corso nella storia dell’arte antica».

Grandi i suoi maestri. Doro Levi alla Scuola archeologica italiana di Atene (1961), Ranuccio Bianchi Bandinelli e Giovanni Becatti alla Scuola nazionale di Archeologia a Roma (1964). Clamoroso l’elenco delle sue identificazioni, interpretazioni e attribuzioni. Eccone alcune: Fidia e Prassitele il Vecchio quali autori del gruppo colossale in bronzo di cui sono copia i Dioscuri del Quirinale; Tideo e Anfiarao, esponenti dei Sette a Tebe, riconosciuti nei Bronzi di Riace forgiati ad Argo da Agelada e Alcamene, a loro volta “maestri” della decorazione del tempio di Zeus a Olimpia; il periboetos, danzatore in trance, di Prassitele nel Satiro di Mazara; la battaglia di Gaugamela restituita ad Apelle attraverso il mosaico pompeiano di Alessandro; Cleopatra nella bagnante dall’Esquilino e Cesarione nel bronzo da Ierapetra a Creta; motivi dall’antico in Michelangelo, Caravaggio, Bernini fino ad Aligi Sassu e altri nostri contemporanei.

Un chiodo fisso: educare attraverso la conoscenza del bello. Per cui dell’arte Paolo Moreno è anche versatile e brillante comunicatore. Molti i libri su temi fondamentali dallo stile severo all’ellenismo, innumerevoli le pubblicazioni sui periodici: in tutto, più di seicento titoli. Contentissimo per questa intervista di Archeologia Viva. Insegna Archeologia e storia dell’arte greca e romana alla giovane Università di Roma Tre con un metodo sperimentale.

L’Umanesimo e il Rinascimento trovarono nell’arte antica, in particolare in quella greca, un modello insuperabile. Una sorta di faro universale. È un modo di vedere che ha ancora una sua validità?

Sì, la classicità è un equilibrio non ripetibile tra l’esigenza di contatto con la realtà e la volontà di sublimazione. A un certo momento della loro storia i Greci hanno realizzato nell’arte l’idea platonica di un mondo superiore, che la nostra vita si aspetta. Sono modelli assoluti nel tempo. Non a caso continuano a farvi riferimento tanti esponenti di una modernità poliversa: alcuni in maniera esplicita e grandiosa, come lo scultore Igor Mitoraj.

Per un esperto di arte classica, l’affermazione che si è fatta in passato di “morte dell’arte” ha un senso? L’arte può morire?

No, in ogni momento l’arte ha la sua ragione storica. Non è vero che l’antico, per essere arrivato a un livello eccelso, finisca per mortificare il resto. Ogni epoca può toccare un’alta qualità. Amo l’arte contemporanea, frequento mostre e gallerie. Design e pubblicità veicolano messaggi significativi del nostro tempo: la suggestione psicologica che esercitano viene anche dal pregio estetico.

In poche parole lei apprezza l’arte come espressione che riassume in sé una dimensione fondamentale dell’uomo…

Certamente. Poiché la studio presso gli antichi, dove si perpetua un tenace processo artigianale, riconosco con emozione in qualunque contesto l’intrinseco impegno morale di un artefice. Stimo l’originalità di ricerca negli artisti di oggi, l’inesauribile moltiplicazione dei materiali, la sperimentazione di ardite tecniche, la libertà di disparati “interventi”. Non è semplice la creazione di un quadro astratto: lo studio vale quanto le dottrine succedutesi in antico. Che il risultato sia meno leggibile e non apprezzato universalmente, è dovuto alla difficoltà di comprendere la vicenda labirintica e policentrica che lo produce, a fronte della concordia che al tempo di Pericle esponeva l’immaginario univoco di una città a misura d’uomo. […]