Selinunte e il restauro dell’antico Sicilia greca

Sicilia templi selinunte

Archeologia Viva n. 182 – marzo/aprile 2017
pp. 40-47

di Caterina Greco e Valerio Massimo Manfredi

Il caso dell’immenso campo di rovine di una delle più grandi colonie greche nell’occidente mediterraneo offre un terreno privilegiato al dibattito sulle scelte da operare per la valorizzazione dei monumenti archeologici

fra chi ne sostiene la “inviolabilità” e chi propone una ricostruzione dove possibile per consentirne la “democratica” lettura insieme a una più lunga sopravvivenza

«Come la cristallina, tersa, splendida evidenza e il numero infinito delle stelle m’aveano smarrito nella notte, così mi sgomentò
e perse nel mattino il ritrovarmi mezzo in un mare magno di ruine. A Selinunte greca. Ruine d’una città e d’una storia. Ruine della storia» (Vincenzo Consolo, Retablo, Palermo 1990)

L’indimenticabile «mare magno di ruine» di Consolo costituisce la cifra con cui ancora è percepita Selinunte. Una delle maggiori colonie della grecità, la più estrema e occidentale fra quelle che punteggiarono il Mediterraneo tra VIII e VII sec. a.C.

Soprattutto, Selinunte è uno dei più affascinanti esperimenti di nascita di “città” del mondo antico, compiutamente presente davanti ai nostri occhi appena superato il varco che immette all’interno del parco archeologico – una transizione che ci conduce a un altro mondo – e perciò in grado di emanare una suggestione evocativa cui è pressoché impossibile sottrarsi.

Con il suo grandioso complesso urbanistico e con la rilevanza straordinaria dei suoi monumenti, prima fra tutti la sequenza dell’architettura templare nei santuari urbani, che annovera esempi fra i più antichi ed evoluti dei modelli tipologici di età greca, Selinunte si offre come scenario privilegiato per discutere delle problematiche che il restauro pone agli studiosi.

Ecco perché, in concomitanza con la ripresa scientifica delle indagini sul tempio G (vedi scheda) e con il dibattito scaturito dalle ipotesi di “ricostruzione”, abbiamo voluto che l’incontro di studio “Restauro dell’antico. Ricerche ed esperienze nel Mediterraneo greco“, svoltosi a Selinunte nel 2011, costituisse un’occasione per allargare lo sguardo, favorendo il dialogo tra studiosi di svariate nazionalità, che operano nei luoghi di un mare che fu greco, allo scopo di stimolare il confronto sulle esperienze compiute, sui dubbi di metodo e sulle difficoltà tecniche, insomma sul vasto campionario delle scelte in campi rischiosi e delicatissimi come quelli della conservazione e della riconfigurazione dei monumenti archeologici.

Temi sui quali è d’obbligo fermarsi a svolgere riflessioni serie se si vuole consegnare al futuro la ricchezza dei beni culturali giunti sino a noi e non soltanto la pallida memoria – o, viceversa, lo stravolgimento camaleontico e paradossale – di ciò che fu. La questione è, dunque, di pregnante attualità, specie oggi che il dibattito si è arricchito della consapevolezza dell’importanza della “comunicazione” come fattore essenziale per gestire e trasmettere l’eredità del passato. […]