Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 183 – maggio/giugno 2017

di Piero Pruneti

Gli straordinari colori dei dipinti parietali che emergono dagli scavi della villa romana di Positano, a cui su questo numero è dedicato l’ampio articolo di apertura, ci danno un’idea di quanto deve essere apparso agli occhi dei primi scavatori di Pompei e delle altre città vesuviane e che poi il tempo e l’incuria nella maggior parte dei casi hanno fatto dissolvere come una pellicola sovraesposta. Credo che agli archeologi del nostro tempo non sia mai toccato di vedere qualcosa di simile riemergere dal sottosuolo con tale intensità cromatica, come se la vita negata dall’eruzione del 79 d.C. volesse riscattarsi. Sono quasi commoventi le scoperte di Positano. Sappiamo che la morte alla fine vince sempre, ma anche che gli uomini sanno combattere fino all’ultimo per contrastarla. Quelle accese cromie di duemila anni fa, che ora tornano in luce, sono un vero (patetico) schiaffo in faccia alla Nemica.

Speriamo che questa volta si sappia conservarle meglio che nel passato, potendo contare su esperienze, tecnologie e modalità di documentazione molto più avanzate. Il problema della ricerca e della conservazione archeologica ne innesca uno di gran lunga più ampio: la nostra responsabilità verso il futuro del pianeta. Cosa lasceremo alle prossime generazioni? Sembra che l’eredità consista in un mondo sovrappopolato, surriscaldato, impoverito di risorse (compresa l’aria che respiriamo), pieno di rifiuti (compresi quelli nucleari) e di debiti.

Sostanzialmente un pianeta messo molto peggio di quello che trovammo appena mezzo secolo fa. In tutto questo si colloca anche il “consumo archeologico”: quanto è giusto riportare in luce sempre nuovi reperti e strutture senza le necessarie garanzie di poterli tramandare ai posteri? I colori della villa romana di Positano, così unici nel loro splendore, costituiscono una bella responsabilità generazionale, perché dovranno goderne anche quelli che verranno, altrimenti avremo compiuto l’ennesimo egoistico scippo di una ricchezza comune.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”