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Esame al cuore di Ötzi Ecco i risultati...

Esame al cuore di Otzi

27 maggio 2018


Esame al cuore di Ötzi

Pubblicato uno studio radiologico dell’Ospedale di Bolzano

Alla presunta età di 46 anni, l’Uomo venuto dal ghiaccio aveva tre calcificazioni coronariche. A questa diagnosi è giunta un’équipe guidata dalla radiologa bolzanina Patrizia Pernter. I risultati dell’esame sono stati pubblicati nel numero di gennaio 2018 della rivista scientifica specializzata “RöFo – Fortschritte auf dem Gebiet der Röntgenstrahlen”.

La quantità di calcio rilevata è paragonabile a quella che si può riscontrare in un uomo di carnagione chiara dei giorni nostri di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Dal momento che Ötzi non aveva uno stile di vita sedentario, gli autori concludono che la predisposizione genetica è un fattore scatenante significativo per l’arteriosclerosi.

A causa della nota posizione del braccio di Ötzi, fino al 2013 non è stato possibile eseguire una scansione tomografica computerizzata continua. Solo quando l’Ospedale di Bolzano si è dotato di nuove apparecchiature TC per i pazienti provviste di un’apertura più ampia, è stato possibile effettuare per la prima volta la scansione di tutta la mummia in un unico passaggio. Le immagini complete dell’area toracica così ottenute sono state successivamente esaminate da Patrizia Pernter, Beatrice Pedrinolla e Paul Gostner, ex primario del reparto di radiologia dell’Ospedale di Bolzano.

Nel corso dell’analisi sono state subito notate tre calcificazioni nella zona del cuore. Un confronto effettuato dall’équipe medica con altre aree del corpo nelle quali si rileva frequentemente la presenza di depositi di calcio – ad esempio, come nel caso di Ötzi, la zona della carotide e le arterie alla base del cranio – ha confermato il risultato.

La prova delle calcificazioni viene stabilita quantitativamente con un sistema di misurazione che si basa sulla loro densità e il loro volume. A questo proposito vi sono differenze tra etnie, per sesso e per età. Per Ötzi i valori di paragone utilizzati sono quelli dei caucasici (quindi di persone di carnagione chiara), come definiti da Agatston, che ha sviluppato questo metodo.

“Se è presente calcare, significa che vi sono placche arteriosclerotiche. Se si trasferissero le calcificazioni sul cuore di un uomo in vita, il valore misurato in Ötzi corrisponderebbe a quello di un essere umano di sesso maschile di ca. 45 anni di età,” così Patrizia Pernter spiega i risultati delle analisi mediche sull’Uomo venuto dal ghiaccio. E illustra anche cosa ciò avrebbe significato per la vita successiva di Ötzi o per persone di oggi della stessa età: “La presenza o l’assenza di depositi di calcio può avere un valore nel calcolo del rischio cardiovascolare di un paziente; cioè, accanto ad altri fattori di rischio (grassi nel sangue, fumo, pressione sanguigna elevata, diabete, …), la presenza di calcificazioni delle coronarie può costituire un’indicazione aggiuntiva di un accresciuto rischio di avere o di sviluppare in futuro una malattia cardiaca coronarica.”

Nel 2012 è stato pubblicato il genoma dell’Uomo venuto dal ghiaccio ed è stata rilevata una predisposizione genetica a patologie cardiovascolari. Per Patrizia Pernter è dunque evidente che la mummia non costituisce solo uno dei più antichi casi di calcificazione vascolare, ma anche “un esempio medico del fatto che una predisposizione genetica è forse il principale fattore scatenante per l’arteriosclerosi e la sclerosi coronarica”.

Informazioni: www.iceman.it


Foto: South Tyrol Museum of Archaeologiemuseum / O. Verant