Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 190 – luglio/agosto 2018

di Piero Pruneti

La Puglia è terra battuta dai venti, come le mesetas spagnole, con paesaggi ugualmente invasi da postazioni a schiera di pale eoliche, una fila dietro l’altra a perdita d’occhio, soprattutto nelle zone più esposte (quindi più visibili). Poi abbiamo bisogno di far passare il metano, tagliando il territorio con trincee per le tubature… Si tratta di interventi infrastrutturali che spesso interessano luoghi solitari, rimasti inviolati per secoli o millenni, capaci di sorprese archeologiche inimmaginabili.

È il caso delle ventose colline di Biccari, in provincia di Foggia, dove l’impianto di aerogeneratori e pipelines ci ha portati al contatto ravvicinato con una dimensione praticamente sconosciuta delle genti neolitiche: quella di accampamenti stagionali d’altura (presentati in esclusiva su questo numero da Anna Maria Tunzi).

Non è per niente facile individuare questo tipo di realtà tramite le testimonianze archeologiche, perché, oltre al fatto che a nessuno verrebbe in mente di condurre indagini nel… nulla, c’è da considerare che un insediamento temporaneo del periodo neolitico era realizzato con strutture e materiali assolutamente “evanescenti”: fosse, buche, pali, frasche, argilla… Occorrono quindi sensibilità e metodo sottili per individuare questi lasciti del passato e, soprattutto, dare loro un significato inserendoli nella più ampia vicenda umana.

Gli archeologi che hanno lavorato sulle colline di Biccari, sotto le stesse raffiche di vento che resero problematico lo stazionamento dei pastori neolitici, ci hanno restituito un quadro esaltante della capacità della nostra specie di adattarsi ai condizionamenti ambientali, oltretutto senza rinunciare ai propri valori anche nelle situazioni più precarie.

Insieme alle testimonianze di organizzazione economica, su queste alture pugliesi sono state ritrovate anche delle sepolture, povere, ma molto accurate: per incidente o malattia in “transumanza” si poteva morire, senza che i disagi del momento nulla togliessero ai riti identificativi della civiltà.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”