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Encausto: un’arte ritrovata?

Archeologia Viva n. 160 – luglio/agosto 2013
pp. 76-77

di Michele Paternuosto

Egiziani Greci e Romani raggiunsero straordinari livelli nell’arte della “pittura a fuoco” lasciando tuttavia un vuoto di memoria nelle procedure che ora si è forse giunti a colmare

Non sappiamo chi abbia ideato l’encausto (énkaustos in greco, encaustus in latino), ovvero il dipingere a cera passandovi sopra il calore con apposti arnesi metallici detti cauterii. Taluni la credono un’invenzione di Aristeides poi perfezionata da Prassitele.

Oppure di Pamphilos, maestro di Apelle, ricordato per aver dipinto encausti, ma anche per averne insegnato la tecnica. Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia ricorda l’uso che ne fecero altri grandi artisti greci del IV sec. a.C., quali Apelle, Pausias, Polignoto di Taso, Kydias, ma non menziona l’origine o la provenienza della tecnica; dà quasi per scontato che essa sia d’origine greca e sembra ignorare che, molto prima, era stata praticata in Egitto, vedi i colori a cera del sarcofago in legno di Tutankhamon.

Se pensiamo alla civiltà faraonica e alla facile reperibilità degli elementi naturali necessari per l’encausto che si trovano in Egitto, proprio qui si può ipotizzare la nascita di questa tecnica pittorica.

Dalla valle del Nilo l’encausto si diffuse in Grecia e quindi a Roma, dove fu molto apprezzato. Augusto fece murare due dipinti a encausto sulle pareti della Curia. 
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