A cavallo del tempo Mostra a Firenze

Cranio di cavallo con morso bronzeo ad anello all’estremità della mandibola, dalla necropoli occidentale di Himera. Nel 480 a.C., presso questa città, i Sicelioti conseguirono una vittoria schiacciante sui Cartaginesi.

Archeologia Viva n. 191 – settembre/ottobre 2018
pp. 60-67

di Martina Rodinò;
cura scientifica di Fabrizio Paolucci/Dipartimento Antichità Classica Galleria degli Uffizi

Cinque millenni di storia comune hanno finito col segnare profondamente i destini dell’uomo e del cavallo: da preda per abili cacciatori al prestigio di un animale considerato prossimo all’intelligenza e alla sensibilità dell’uomo

La storia dell’uomo e quella del cavallo si sono intrecciate sin da tempi antichissimi, quando nel Paleolitico il cavallo era un animale selvatico, preda naturale dell’uomo che ne aveva fatto uno dei pilastri del suo sostentamento.

Come attesta il rinvenimento di giavellotti accanto a resti equini nel sito di Schöningen, in Germania, datati intorno a 300 mila anni fa, sin da quella lontana epoca le comunità umane si erano dotate di efficaci armi da lancio che consentivano di colmare lo svantaggio con una preda così veloce e sfuggente.

L’importanza rivestita dal cavallo per il sostentamento e la cultura dell’uomo, del resto, trova conferma nelle molteplici pitture rupestri, attestate a partire dal Paleolitico superiore (dai 45 mila ai 12 mila anni fa) in cui questo animale figura come soggetto predominante.

Il significato assunto da tali raffigurazioni agli occhi delle comunità che le realizzavano è argomento dibattuto e le ipotesi avanzate vi riconoscono ora un simbolo propiziatorio per la caccia e la fertilità, ora una divinità naturale all’interno del mondo mitologico, ora la raffigurazione di uno spirito evocato da sciamani.

In Italia, pitture parietali datate al Gravettiano finale o all’Epigravettiano antico (fasi culturali del Paleolitico superiore, intorno ai 20 mila anni fa) sono state rinvenute nel sito di Grotta Paglicci, in Puglia.

Gli scavi, attualmente condotti da Annamaria Ronchitelli dell’Università di Siena, hanno portato in luce alcune mani e due cavalli dipinti sulle pareti dell’antro; gli equidi sono raffigurati in diverse posizioni e presentano un corpo piuttosto tozzo, una coda molto lunga e un manto scuro sul dorso e chiaro sul ventre.

Le medesime caratteristiche compaiono nelle coeve pitture parietali del resto d’Europa e rappresentano le sembianze del cavallo preistorico, che doveva ricordare assai da vicino quelle degli odierni cavalli di Przewalski (Equus ferus przewalskii, noto come “pony della Mongolia”). […]