Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 192 – novembre/dicembre 2018

di Piero Pruneti

Un messaggio fondamentale arriva dall’Irlanda, di cui parliamo in questo numero dopo che i suoi “Céide Fields”, gli antichi campi dell’isola verde, hanno ricevuto il prestigioso riconoscimento del Premio Carlo Scarpa per il Giardino, ogni anno assegnato dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche. Il messaggio, non certo nuovo sotto il profilo teorico, ma ampiamente disatteso nella prassi – e soprattutto negli strumenti di gestione del territorio – è che il paesaggio storico ha un valore prima da riconoscere e poi da tutelare, al pari di un tempio greco o di una cattedrale gotica.

Si tratta in questo caso di architetture essenziali: recinzioni neolitiche di appezzamenti realizzate con muri a secco in pietra locale a formare un sistema per l’allevamento del bestiame che ha interessato un esteso tratto di fascia costiera nella regione settentrionale dell’isola. Questo paesaggio disegnato è rimasto in gran parte sepolto sotto gli strati di torba e riscoperto per caso da irlandesi di oggi che ne hanno compreso l’importanza per la più antica storia del popolamento europeo.

Per apprezzare il significato profondo dei “Céide Fields” bisogna amare le distese solitarie e ventose del nord gaelico, le falesie da capogiro, quei deserti verdi sullo sfondo di un cielo e di un mare spesso color piombo, dove lontanissimi progenitori seppero insediarsi e sopravvivere. Dunque, un paesaggio storico ora praticamente disabitato e che comunque conserva tutta la forza semantica di un luogo che parla.

In un continente, anzi un pianeta, dove in forme impressionanti, come nel caso dell’Amazzonia, o in misure che neppure mettiamo nel conto, come un piazzale da parcheggio vicino a casa, gli spazi dei paesaggi naturali e storici sono soggetti a una erosione incessante, i “Céide Fields” sono una testimonianza concreta dell’impegno che l’umanità dovrà essere capace di mettere nella tutela di quanto le è rimasto. La difesa della memoria e dell’habitat è la battaglia finale di questa fase della vicenda umana.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”