Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 166 – luglio/agosto 2014

di Piero Pruneti

L’Italia del cemento non si ferma. Silenziosa come una marea, a colpi di abusi, ma anche di infrastrutture e lottizzazioni approvate, questa Italia arraffona, disattenta e, diciamolo, culturalmente sottosviluppata, si mangia quello che resta del paesaggio.

Il processo è lento ma, così procedendo, cosa rimarrà del Bel Paese fra una cinquantina d’anni? Le ultime notizie arrivano da Villa Adriana, le rovine descritte dalla Yourcenar, uno dei siti più straordinari…

Ricorderete che qualche anno fa si pensò di posizionare una discarica nelle vicinanze, ma la scelta era così palesemente offensiva che alla fine è saltata.

Ora invece, si vuole “valorizzare” il territorio… e il progetto è quello di un prestigioso complesso residenziale, la cosiddetta “lottizzazione Nathan” da quasi duecentomila metri cubi, già dotata delle necessarie autorizzazioni edilizie da parte del comune di Tivoli, a qualche centinaio di metri dall’area archeologica.

Oltretutto si costruirebbe nella zona di rispetto imposta dall’Unesco per l’inserimento della dimora di Adriano nella World Heritage List. Si tratta dunque di cemento e non… di immondizia! Anche questa volta la scelta “urbanistica” è così scandalosa a livello internazionale che forse, speriamo, riusciremo a fermarla.

Una considerazione però va fatta. Villa Adriana ha visto ridurre negli anni i visitatori, nonostante il titolo Unesco che li fa aumentare dappertutto e nonostante la fama del monumento. Quello che non funziona – o, meglio, manca – è un piano di valorizzazione del territorio che ponga al centro il suo gioiello, partendo almeno da una viabilità attendibile.

Non sono molte le persone disposte a difendere un bene culturale “solo” per il suo valore intrinseco. Molta più gente è pronta a difenderlo se esso si trasforma in un motore efficace per l’economia della zona. Anche se, ancora una volta, Villa Adriana verrà salvata dallo sfregio, il suo futuro dipenderà essenzialmente da questo. E non stracciamoci le vesti.

Piero Pruneti 

direttore di “Archeologia Viva”