Nuoro e i suoi sette colli… per sette nuraghi Dentro lo scavo

sardegna: Nuoro e i suoi sette colli

Archeologia Viva n. 193 – gennaio/febbraio 2019
pp. 62-70

di Maria Ausilia Fadda

I protosardi dell’età del Bronzo si insediarono sulle alture che circondano il capoluogo barbaricino ma già prima le popolazioni neolitiche avevano colonizzato il territorio lasciandoci centinaia di testimonianze di arte funeraria

È “l’Atene sarda”. Nuoro ha dato i natali ad artisti e scrittori. La più nota è Grazia Deledda, la prima donna italiana a ricevere, nel 1926, il Nobel per la letteratura. Meno noto ai sardi e agli stessi nuoresi è il patrimonio archeologico scampato all’espansione edilizia urbana e alle bonifiche nell’agro.

Su una superficie di quasi duecento chilometri quadrati finora sono stati censiti cinquantacinque monumenti di epoche diverse, che documentano la frequentazione del territorio da parte dei protosardi a partire dal Neolitico finale (3500 a.C.) fino alla dissoluzione dell’impero romano. Il Neolitico ha lasciato ampie testimonianze con le tombe ipogee note come domus de janas, le ‘case delle fate’, che i nuoresi chiamano sas birghines, ‘le vergini’.

Queste strutture, scavate negli affioramenti granitici (ma anche in massi isolati), conservano l’impianto planimetrico mentre i soffitti a forno o a piani sono in gran parte crollati per azione degli agenti atmosferici. A sua volta l’acidità delle rocce granitiche ha distrutto i resti ossei, cancellando ogni possibilità di documentare i rituali delle deposizioni, primarie o secondarie*, nelle varie fasi di riutilizzo delle sepolture. Le planimetrie sono semplici, composte da un vestibolo che, attraverso portelli modanati, introduce alle celle funerarie.

A un congresso del 1987 sulla cultura neolitica di Ozieri, in un territorio di 1098 kmq comprendente Nuoro e i comuni limitrofi di Orgosolo, Oliena, Dorgali, Mamoiada, Fonni e Orani, risultavano censite 299 domus de janas. Queste piccole tombe sono state messe a confronto con i più monumentali ipogei delle grandi necropoli presenti nella provincia di Sassari e nel Sulcis Iglesiente e vari studiosi – a nostro parere in modo semplicistico – ne hanno attribuito la “modesta” architettura all’isolamento e all’attardamento culturale, indotti dalla natura aspra del territorio barbaricino.

Ma tali interpretazioni riduttive contrastano con la ricchezza e la ricercatezza estetica dei corredi funerari provenienti dalle stesse domus de janas del Nuorese e, soprattutto, hanno sottovalutato il simbolismo esclusivo legato al mondo dei morti, espresso attraverso varie tecniche decorative. […]