Incontro con Gino Fornaciari La voce della storia

Studio antropologico alle Cappelle Medicee di Firenze sui resti appena riesumati di Giovanni dalle Bande Nere

Archeologia Viva n. 164 – marzo/aprile 2014
pp. 74-76

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«Le malattie sono dei marcatori sociali e ambientali per questo è così importante riconoscerle nei nostri antenati»

«Resti scheletrici e mummie sono una formidabile fonte d’informazione»

«Abbiamo fatto anche un po’ di giustizia storica fra crimini commessi e false accuse»

Ha un aspetto rassicurante il professor Fornaciari. Non alza mai la voce, usa un linguaggio semplice, non si mette in cattedra, discute qualsiasi obiezione, è pronto a diventarti amico (se lo meriti)… Ma non sperare che cambi strada se qualcuno gli si mette di traverso. Lo abbiamo visto sempre in mezzo ai morti antichi. Ossa, crani, tessuti mummificati.

Una delle sue ultime imprese come “paleopatologo” è stata la riesumazione e lo studio dei Medici sepolti nella cripta della basilica fiorentina di San Lorenzo, per cui ora sa vita, morte e miracoli di un bel numero di principi della Toscana, insieme a mogli, amanti e discendenze. Insomma, dammi una salma e ti dirò chi era… Per il resto una vita divisa a diagnosticare malattie al Policlinico di Pisa e ricerche sulle cause di morte coniugate al passato lontano.

La sua conoscenza dell’anatomia patologica ce l’hanno in pochi. A volte ti assale un dubbio: ti guarda o ti sta facendo la radiografia? Comunque, inutile nascondersi, la via è segnata… Potrà capitare nei prossimi decenni o secoli o millenni che qualche clone di Fornaciari legga il tuo corpo come un libro scoprendo vizi privati e pubbliche virtù… Gino Fornaciari è professore ordinario di Storia della Medicina presso l’Università di Pisa, dove tiene anche gli insegnamenti di Paleopatologia e di Archeologia funeraria.

Inoltre, è direttore della Divisione di Paleopatologia e responsabile del Polo Museale Storico dello stesso Ateneo pisano. È co-direttore, insieme all’antropologo americano Clark Spencer Larsen dell’Ohio State University, della Field School in Medieval Archaeology and Bioarchaeology di Badia Pozzeveri (Altopascio – Lu), cui partecipano ogni estate studenti da Stati Uniti, Canada e Australia.

I suoi studi hanno riguardato in particolare le mummie, la paleonutrizione e gli antichi agenti batterici e virali. Per questi studi, fin dagli scorsi anni Ottanta, ha impiegato tecnologie biomediche d’avanguardia, come la microscopia elettronica e l’immunoistochimica.

Principali scoperte scientifiche: nel 1986 identificò il virus del vaiolo in una mummia italiana del XVI secolo; nel 1989, treponemi sifilitici in una mummia italiana della stessa epoca; nel 1992, il protozoo parassita Trypanosoma cruzi in una mummia precolombiana; nel 1996, la mutazione dell’oncogene K-ras nel cancro di Ferrante I d’Aragona, un re di Napoli del XV secolo; nel 2003, il virus del papilloma umano (HPV) in una mummia italiana del XVI secolo; nel 2004, l’avvelenamento da digitale nella mummia di Cangrande della Scala, signore di Verona (1291-1329); nel 2009, il Plasmodium falciparum, agente della malaria, nel tessuto osseo dei Medici di Firenze. Fa parte del comitato scientifico di Archeologia Viva.

D: Lei è ritenuto uno dei massimi esperti in Paleopatologia. Prima di tutto vogliamo spiegare in cosa consiste questa disciplina?

R: È Paleopatologia lo studio delle malattie antiche direttamente nei corpi umani del passato, sia scheletri che mummie. Ovviamente quelli che noi ricercatori apprezziamo di più sono i resti mummificati perché conservano i tessuti molli e ci danno un maggior numero di informazioni. Sono veri e propri archivi biologici.

Ma anche il materiale scheletrico ha una sua rilevanza ed essendo molto più abbondante dei resti mummificati ci offre una casistica molto ampia. Inoltre, con i mezzi moderni d’indagine molecolare anche il materiale scheletrico sta cominciando a “parlare” di più.

D: La conoscenza delle malattie da cui era affetta l’umanità del passato è importante solo dal punto di vista culturale o anche sotto il profilo più strettamente medico?

R: Il contributo alle conoscenze mediche ha senz’altro una maggiore rilevanza. Cercare di capire ad esempio l’origine e l’evoluzione di malattie anche attualmente importanti, come il cancro, il diabete o l’arteriosclerosi, costituisce indubbiamente un motivo di elevato interesse medico. Non è meno interessante tuttavia comprendere anche in quali ambiti culturali e sociali si sviluppavano le diverse patologie.

Non bisogna dimenticare che molte malattie erano dei veri flagelli: tubercolosi, vaiolo e peste per secoli hanno sterminato la popolazione europea. Si pensi solo alla peste del Manzoni nel 1630 o del Boccaccio nel 1348.

Insomma c’è una rilevanza notevolissima anche dal punto di vista storico. Di fatto la malattia, infettiva, degenerativa o genetica, non costituisce un evento casuale che arriva all’improvviso, “mandata dagli dei” come pensavano nell’Antichità. […]