Cambogia. Splendori di civiltà Estremo Oriente

Archeologia Viva n. 164 – marzo/aprile 2014
pp. 40-55

di Sergio Rinaldi Tufi

Le vicende storiche e gli straordinari resti monumentali del Paese dei Khmer rivisitati per Archeologia Viva da uno dei più noti studiosi italiani del mondo antico

Un articolo che propone la scoperta di una delle più grandi civiltà del passato

Un paese poco più grande di mezza Italia, compreso fra Thailandia, Laos e Vietnam, attraversato dal grande Mekong e caratterizzato dal Tonle Sap, il lago più esteso del Sudest asiatico.

Quando si dice Cambogia, si pensa subito alle bellezze di Angkor, espressione culminante di un impero (Khmer) che, fra IX e XIII secolo, controllava tutta l’Indocina.

Ma, se è vero che le architetture e le atmosfere di quel luogo (un parco di quattrocento chilometri quadrati, protetto dall’Unesco) suscitano emozioni incomparabili, è anche vero che la grande storia della Cambogia non si limita ai suoi secoli d’oro.

I primi gruppi di cacciatori-raccoglitori della regione sono testimoniati 9.000 anni fa, quelli di agricoltori circa 4.300; l’uso dei metalli inizia attorno al 1.000 a.C. e raggiunge la maggiore diffusione nel VI sec. a.C. Il sito meglio noto è quello di Samrong Sen sulle rive del Chinit (tributario del Tonle Sap), ma la realtà forse più curiosa è rappresentata dalla cultura di Dong-Son in Vietnam, caratterizzata da tamburi di bronzo dalla ricca decorazione geometrica.

Dunque, nei secoli che precedono l’inizio dell’era cristiana, gli abitanti della penisola indocinese utilizzano il metallo, ma sono anche agricoltori, allevatori, navigatori.

È la fase in cui si verifica una “indianizzazione” della regione, forse dovuta ai commerci praticati su grandi distanze.

I contatti fra India e Occidente avevano conosciuto un grande incremento dopo che Ippalo (mercante e navigatore greco forse all’epoca di Augusto) aveva scoperto l’alternanza dei Monsoni, consentendo di programmare meglio la navigazione; lo stesso Augusto nelle Res Gestae (il suo testamento politico) scrisse di aver ricevuto ambascerie di principi indiani.

Gli operatori commerciali della grande India furono indotti dall’ampliamento dei loro circuiti a porsi come mediatori fra Mediterraneo e Sudest asiatico, con viaggi verso Oriente sempre più frequenti, il cui esito fu appunto una forte penetrazione culturale. […]