Sant’Andrea di Loppio: ritorno nel castro senza nome Alpi Orientali

Sant’Andrea di Loppio: ritorno nel castro senza nome

Archeologia Viva n. 164 – marzo/aprile 2014
pp. 28-39

di Barbara Maurina

In Trentino fra la valle dell’Adige e il Garda su quella che fu un’isola dello scomparso lago di Loppio sono stati rimessi in luce i resti di uno strategico insediamento fortificato altomedievale che vide alternarsi occupazioni barbariche e guarnigioni bizantine

L’alto Medioevo è stato percepito a lungo come l’estrema propaggine dell’Antichità e ancora, nell’opinione comune, è considerato un periodo “buio”, di sostanziale decadenza.

A tale pregiudizio, originatosi nell’Ottocento e consolidatosi nel corso dell’ultimo secolo, hanno contribuito la carenza di fonti scritte e la relativa modestia delle testimonianze materiali che contraddistinguono questo periodo storico, soprattutto se confrontate con l’abbondanza della documentazione letteraria e le evidenze monumentali della Romanità.

È il motivo per cui, anche per gran parte del secolo scorso, i reperti altomedievali – definiti “anticaglie barbariche” – sono stati relegati nell’ambito dell’antiquaria o, nel caso di manufatti pregevoli, della storia dell’arte.

In Italia per molto tempo è mancata di fatto una disciplina archeologica che avesse per oggetto il Medioevo: già nel 1897, con una visione sorprendentemente moderna, lo sottolineava l’archeologo Paolo Orsi in un articolo dedicato alle crocette auree longobarde (Di due crocette auree del Museo di Bologna e di altre simili trovate nell’Italia superiore e centrale): «A buon diritto si può affermare non esistere per anco un ramo delle discipline storiche, che rigorosamente possa chiamarsi archeologia del medioevo».

Soltanto a partire dagli scorsi anni Sessanta, in forte ritardo rispetto ad altri Paesi europei come Inghilterra e Francia, anche nel nostro Paese si fece strada – insieme a una nuova consapevolezza dell’importanza della cultura materiale e della dignità dello studio di tutte le testimonianze, anche le più umili – l’esigenza di riconoscere l’archeologia medievale quale disciplina autonoma e, quindi, di indagare anche le evidenze materiali relative ai “secoli bui” con le metodologie e gli strumenti diagnostici propri della ricerca archeologica.

Da allora, gli studi in questo settore hanno conosciuto una notevole espansione, raggiungendo importanti risultati. […]