Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 163 – gennaio/febbraio 2014

di Piero Pruneti

Dunque, come denunciano i fratelli Castiglioni nel loro articolo – dove pubblichiamo anche la testimonianza di un gruppo di studiosi fiorentini che ne hanno ripercorso le orme fino a Berenice Pancrisia – il deserto nubiano sudanese si sta trasformando in un groviera, rivoltato come un calzino da decine di migliaia di cercatori d’oro, molti dei quali arrivano dopo aver investito tutti i propri averi in un magico metal detector.

Centinaia di chilometri percorsi in uno degli ambienti più ostili della terra, mesi e mesi trascorsi in isolamento fra tempeste di sabbia, temperature allucinanti, freddissime notti stellate, la sopravvivenza affidata a pane e acqua venduti sul posto – è il caso di dire – a peso d’oro… La febbre dell’oro ha sempre fatto impazzire.

Oggi più che mai, dal momento che le immagini dello spreco occidentale arrivano in tempo reale a popolazioni che vivono in situazioni di secolare arretratezza.

A sostenere l’entusiasmo – e l’immane fatica – arrivano poi le notizie di gigantesche pepite, capaci di cambiare all’improvviso l’esistenza dei fantomatici scopritori… È sempre così.

Dalle forti tensioni collettive nascono le leggende, anche se nella media quotidiana la modica quantità di oro recuperata da quelle sabbie non ripaga lo sforzo.

Nel loro articolo i Castiglioni storicizzano questa “terza corsa all’oro”, la più invasiva di tutte, in un deserto dove grazie alle loro indagini trentennali si era potuto ricostruire una realtà mineraria che prese avvio con i faraoni.

L’attività di ricerca del Ce.R.D.O. ha trasformato il “vuoto archeologico” del deserto nubiano sudanese in un grandioso museo all’aperto, a partire dalla sensazionale scoperta di Berenice “tutta d’oro”, ritrovata intatta nell’ormai lontano 1989 difesa dalla sua solitudine perfetta.

Ora anche questa cittadella della plurimillenaria memoria nubiana è presa d’assalto.

La scoperta archeologica si è trasformata in distruzione. La responsabilità è nelle contraddizioni economiche e di civiltà che l’umanità sta vivendo.

Piero Pruneti 

direttore di “Archeologia Viva”