Archeologia Viva n. 197 – settembre/ottobre 2019
pp. 50-61
di Giovanni Di Pasquale
Un sodalizio perfettamente riuscito tra architettura tecniche ingegneristiche e ricerca della bellezza rese possibile l’impossibile
La costruzione di un monumento celebrativo unico ancora oggi stupefacente per milioni di visitatori che lo leggono come un libro e ammirano come una delle massime realizzazioni dell’ingegno
Anno 107 d.C. Da poco è finita la campagna di Dacia (odierna Romania) e a Roma comincia la costruzione del Foro di Traiano, dove celebrare l’imperatore che con le sue gesta fra il 101 e il 106 ha conquistato questa regione oltre il Danubio, annettendola all’Impero.
Duecento miglia marine più a nord, in Toscana, i cavatori sono al lavoro per estrarre dalle Alpi Apuane, le montagne di marmo sopra Carrara, i blocchi che serviranno alla costruzione di un monumento unico e nuovo nel panorama dell’arte e dell’architettura del tempo, una colonna coclide (decorata da un fregio che vi si arrotola sopra e che contiene una scala a chiocciola – ndr) pensata per celebrare Traiano e la sottomissione dei Daci.
Progettata da un grande architetto dell’epoca, Apollodoro di Damasco, e inaugurata nel 113, con i suoi pesantissimi ventinove blocchi di marmo la Colonna Traiana è un’opera di complessità inaudita, che ben rappresenta i vertici raggiunti dalla civiltà romana nell’arte del costruire.
Il monumento si erge oggi solitario tra le rovine di quello che fu il più grande e riccamente decorato foro degli imperatori. […]