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Narbona Romana. Una necropoli la racconta Scavi in corso

14 ottobre 2019


L’INRAP mobilita i suoi archeologi migliori

È una missione che potrebbe sembrare impossibile quella che sta impegnando una massiccia squadra di archeologi dell’INRAP (l’Istituto nazionale di archeologia preventiva francese) per salvare una necropoli romana alle porte di Narbona, nella regione dell’Occitania. L’area, destinata ad alcune infrastrutture, è considerata di eccezionale interesse archeologico. La missione di scavo è interamente sostenuta dal governo francese che conta di riportare in luce quante più tombe possibili “raccontandole” poi nel nascente Museo delle Antichità romane di Narbona.

La prima colonia dei Romani in Gallia

Subito dopo la conquista della Gallia da parte dei romani nel 125 a.C., la città di Narbona fu scelta come prima colonia di diritto romano fuori dall’Italia. Un secolo più tardi Augusto fece di Narbo Martius la capitale della Provincia di Narbona, che si estendeva dal Fréjus fino a Tolosa e ai Pirenei e dal Mediterraneo fino a Vienna e Ginevra. In poco tempo Narbona divenne un florido centro economico nonché uno dei porti più grandi del Mediterraneo occidentale. La sua posizione strategica la rendeva di fatto crocevia insostituibile anche per gli scambi via terra e fiume. L’intera provincia avrebbe preso il nome di Gallia Narbonense “come omaggio” a questa città.

Una necropoli con oltre mille tombe

Il sito funerario sorge alla congiunzione di due strade, seicento metri a est della città antica. Tra I e II sec. d.C. occupava duemila metri quadrati di superficie ospitando, si stima, un migliaio di tombe di cui “solo” trecento al momento sono state scavate.

La necropoli è caratterizzata da una rigida suddivisione degli spazi con “piazzole” delimitate da muretti e talvolta divise da stradine di servizio. Il tutto a sottolineare la presenza di diversi gruppi sociali, come riportato anche su alcuni epitaffi dove si legge il nome dello schiavo o “libero” (quasi sempre di origine italiana). Ben distinte fisicamente anche le aree che furono destinate alla sepoltura della plebe. Inutile dire che ai signori furono riservati posti (i migliori) lontano dai poveri.

Parola d’ordine: cremazione

La maggior parte delle sepolture testimoniano il rito, molto diffuso in quest’epoca, della cremazione. Le tombe contengono per lo più ossa combuste cui si accompagnano brocche di vetro o ceramica, vasetti di profumi e lampade. Recipienti che testimoniano l’importanza delle offerte in onore del defunto. Nella cenere delle pire sono stati rintracciati resti di frutta carbonizzata tra cui datteri e fichi.

Prove (inedite) di libagioni

Proprio l’ottimo stato di conservazione ha reso possibile documentare per la prima volta in tutta la Gallia pratiche di libagione compiute nei pressi di almeno tre tombe. Nel terreno circostante le sepolture sono stati infatti rinvenuti vari tipi di ceramiche, anfore, coppe e conchiglie. L’analisi dei resti organici associati ai reperti ha potuto confermare le ipotesi di partenza.

Un sito salvato grazie all’acqua

La vicinanza del Canal de la Robine (che ancora oggi taglia in due la città di Narbonne costituendo una delle sue principali attrazioni) ha svolto un ruolo fondamentale per la conservazione dei resti del sito. La necropoli è stata infatti protetta da circa tre metri di limo provenienti dalle esondazioni che di fatto hanno sigillato i diversi strati archeologici permettendo di analizzare l’evoluzione della pratiche funerarie così come quella dei riti di commemorazione.

“Una Pompei francese”

«La varietà di sepolture, l’incredibile stato di conservazione, la straordinaria sovrapposizione di tombe e reperti – secondo gli archeologi dell’Inrap – rende questo sito dell’antica Gallia un unicum paragonabile a Pompei e Roma. Uno spaccato senza precedenti di come si viveva e moriva (da signori o da schiavi) a Narbonne duemila anni fa».

Info: www.inrap.fr