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Etruschi: scoperta del secolo HINTHIAL: l’Ombra di San Gimignano

3 dicembre 2020


L’Ombra di San Gimignano:
reportage completo della scoperta

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A cura di Giulia Pruneti

È stata nominata con il termine etrusco Hinthial, che significa ‘anima’, ‘sacro’, la stupenda statuetta di offerente rinvenuta a Torraccia di Chiusi, nella tipica forma allungata degli ex voto dell’epoca, capace, per dimensioni e accuratezza di esecuzione, di oscurare la fama, a sua volta celeberrima, dell’Ombra della sera di Volterra (come la definì Gabriele D’Annunzio, che nel guardarla gli aveva fatto venire in mente le lunghe ombre del tramonto).

Paragoni a parte, è assolutamente da non perdere l’ultimo inaspettato “regalo” del popolo etrusco, ammirabile fino al 31 maggio 2020 presso il Museo archeologico di San Gimignano.“Hinthial. L’Ombra di San Gimignano. L’Offerente e i reperti rituali etruschi e romani”: il titolo dell’esposizione che svela per la prima volta l’eccezionale bronzetto votivo tornato in luce nel sito di una panoramica altura non lontano dalla città “dalle belle torri”, da cui si domina sul paesaggio di mezza Toscana.


«Fermate la ruspa!»

La scoperta è avvenuta casualmente, a circa due metri sotto il piano campagna, nel corso di alcuni lavori per una locale azienda agrituristica, a pochi passi dal corso del torrente Fosci, lungo le propaggini collinari che da San Gimignano scendono verso la Valdelsa.

«Mentre seguivo di persona un intervento di riparazione delle condutture – ricorda con profonda emozione la proprietaria del terreno Donatella Sandrelli – ho visto affiorare qualcosa di verdastro che richiamava il bronzo ossidato. Immediatamente ho gridato di fermarsi all’operaio che azionava la benna… E ho iniziato a scavare con le mani per tutta la lunghezza del reperto, che sembrava non finire mai e che si stava rivelando come una statuetta deposta con la faccia rivolta verso l’alto. A me piace dire che guardava le stelle... Alla fine mi sono ritrovata “tra le braccia” un bronzetto di sessantaquattro centimetri, perfetto, incredibile… bellissimo».

Acqua terra e… fuoco

Interrotti i lavori, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo ha dato avvio a una serie di indagini, seguite da una campagna di scavi che ha fatto emergere un’area sacra etrusca a cielo aperto, frequentata per almeno cinquecento anni, dal III sec. a.C. fino al II sec. d.C. La statua risultava sepolta vicino a un monolite squadrato in pietra che doveva fungere da altare e sul quale si compivano riti con offerte alla divinità del luogo.

Il blocco litico presentava tracce evidenti di esposizione al fuoco. Nelle vicinanze dell’area sono state rivenute anche monete, frammenti ceramici (spesso ricomponibili e che quindi suggeriscono una frammentazione rituale), unguentari integri e pezzi di laterizi. L’area sacra, inoltre, sorgeva in prossimità di una sorgente, potrebbe quindi essere ricondotta al culto per una divinità legata all’acqua e alla terra.

nelle foto sopra
PERFETTO FINO A NOI. Una serie di immagini di Hinthial, la statuetta etrusca chiamata anche Ombra di San Gimignano. Rappresenta un personaggio offerente, come chiaramente indicano la posa e la patera nella mano destra. Il bronzo, risalente alla prima metà del III sec. a.C., è stato rinvenuto in località Torraccia di Chiusi. Perfettamente conservata, la figura (alta 64,4 cm) indossa una lunga toga che lascia scoperta la spalla, il braccio destro e gran parte del torace arrivando fino ai polpacci. I piedi sono coperti da calzari con allacciatura alta. I tratti del volto sono ben marcati, la capigliatura è disposta a ciocche.


Sopravvivenza dell’identità etnica etrusca

Si legge nel catalogo della mostra: «Straordinariamente significativo, il complesso (di Torraccia di Chiusi – ndr) è una palese testimonianza del carattere conservativo del sacro. Ma soprattutto un’ulteriore conferma che quel complesso processo di acculturazione definito romanizzazione, iniziato già nel corso del III sec. a.C., nel territorio volterrano (e in Valdelsa nello specifico) non si è manifestato con caratteri di rottura, ma in un osmotico continuum.

TOSCANA ETRUSCA. Panoramica della località Torraccia di Chiusi sulle propaggini collinari che da San Gimignano scendono verso la Valdelsa, a pochi passi dal corso del torrente Fosci. È qui che, durante alcuni lavori di manutenzione straordinaria in un terreno privato, è avvenuto l’eccezionale ritrovamento del bronzetto etrusco, lungo un antico percorso di collegamento ai limiti del territorio volterrano. (Foto Albatros Film)

La compagine sociale (con i suoi riti, usanze e pratiche) restò sostanzialmente la stessa. La lex Iulia de civitate (90 a.C.) concesse la cittadinanza romana a tutti i Latini e ai socii italici rimasti fedeli a Roma o che avevano deposto le armi: la lingua ufficiale diventò il latino; cambiarono l’ordinamento legislativo. Le forme di sfruttamento del territorio e la viabilità si adeguarono necessariamente alle nuove esigenze, così come l’economia.

Ma la società, le persone, restarono profondamente legate alla propria identità etnica, come confermano il pervicace impiego della lingua etrusca (accanto al latino) nei monumenti privati ben oltre l’inizio del I sec. a.C. […] Ma per quanto riguarda il territorio di San Gimignano, prima del ritrovamento di Torraccia di Chiusi, non erano attestate aree sacre certe».


L’Ombra di San Gimignano:
la più elegante della “serie”

Hinthial – traducibile con ‘anima’, ma anche con ‘sacro’ – è, al momento, l’opera più elegante e raffinata nel nucleo dei bronzi allungati giunti fino a noi. Ritrovata in un ottimo stato di conservazione, rappresenta una figura maschile con indosso una toga che arriva fino ai polpacci e lascia scoperta la spalla, il braccio destro e gran parte del torace, mentre i piedi indossano dei calzari con allacciatura alta (inevitabile è il richiamo alla statua dell’Arringatore del Museo archeologico nazionale di Firenze).

La forma allungata tipica della statuaria votiva etrusca trova spiegazione nella necessità di mettere la propria offerta in massima evidenza (utilizzando nella fusione una data quantità di metallo), al cospetto della divinità e anche degli altri frequentatori del santuario. La mano destra sorregge una patera ombelicata, mentre la sinistra, aderente al corpo, fuoriesce dal manto con il palmo rivolto all’esterno in posa devozionale; le gambe sono leggermente divaricate a suggerire un lieve movimento verso sinistra.

I tratti del volto sono ben marcati, con grandi occhi, naso prominente, bocca carnosa e mento con tipica fossetta centrale. La capigliatura è disposta a ciocche mosse, realizzate con profonde solcature che da una scriminatura posteriore si dispongono verso il volto a coprire parte della fronte e le orecchie. Al pari della statuetta allungata di Volterra, anche l’Ombra di San Gimignano appartiene a una produzione seriale.

LUOGO SACRO. L’area di scavo a Torraccia di Chiusi. La statua era sepolta vicino al monolite squadrato in pietra che doveva fungere da altare e sul quale si compivano riti con offerte alla divinità del luogo. Il blocco litico presentava tracce di esposizione al fuoco.


Ex-voto in linea con la tradizione

Si tratta di un’opera “colta” che presuppone i modelli della grande plastica del primo ellenismo con la reinterpretazione dell’ex-voto a fettuccia allungata di derivazione centro-italica, ancorato a forme della tradizione religiosa locale. Proprio nell’antica Velathri/Volterra della prima metà del III sec. a.C. dobbiamo immaginare l’ambito culturale dell’artista che creò l’Ombra di San Gimignano.

Si può presumere che il luogo di culto di Torraccia di Chiusi costituisse uno dei santuari di confine, a segnare il limite del territorio volterrano: la “chiusa” sottintesa dal toponimo allude a una strettoia, a un passaggio obbligato in quel percorso stradale pre-romano, poi imperiale e altomedievale che diverrà la via Francigena, un cui ramo passava – e passa tuttora per i pellegrini-turisti di oggi – proprio presso l’area sacra. Mentre le fauces, ‘fauci’, celate nel nome del torrente Fosci, sono l’ingresso al territorio della potente città di Velathri/Volterra.


OGGETTO DI PRESTIGIO. Fibula a navicella in bronzo laminato risalente ai primi anni del VII sec. a.C.: il tipo era particolarmente diffuso nell’Etruria meridionale. Si tratta del reperto più antico rinvenuto nello scavo di Torraccia di Chiusi e non si esclude che possa essere stata deposta nell’area sacra molti secoli dopo proprio per il suo valore “antiquario”.

VENERE E VITTORIA. Denario in argento (zecca di Roma, 44 a.C.) rinvenuto, insieme a molte altre monete, nella medesima area di scavo che ha restituito il bronzetto. Vi è rappresentata Venere in piedi mentre tiene la Vittoria alata nella mano destra, lo scettro nella sinistra e appoggia il gomito sullo scudo collocato su un globo.

IMPASTI E CERAMICHE. Gruppo di balsamari (III sec. a.C.) in ceramica depurata rinvenuti nell’area sacra di Torraccia di Chiusi: rappresenta il complesso col maggior numero di balsamari/unguentari di questa particolare foggia piuttosto diffusa nel territorio volterrano. Realizzati a mano contenevano essenze da offrire alle divinità.


Una mostra da non perdere

Hinthial è posta al culmine di un itinerario espositivo concepito come un’immersione nel paesaggio sacro di San Gimignano in età etrusca e romana.

L’incontro ravvicinato con l’Ombra ci accompagna presso l’area di culto in un percorso rituale che richiama la gestualità e le percezioni dell’Offerente. Così questo capolavoro toreutico risorge dalla sua “sepoltura” e ci racconta delle speranze, delle preghiere e delle offerte innalzate e deposte per più di cinque secoli in questo luogo sacro ai limiti territoriali della Volterra in età ellenistica.

L’esposizione, curata da Enrico Maria Giuffrè e Jacopo Tabolli, è promossa da Comune di San Gimignano, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo con la collaborazione organizzativa di Civita Group e ha ricevuto il patrocinio della Regione Toscana. Catalogo Sillabe.

Informazioni: 0577.286300

PROTAGONISTI. L’autrice della scoperta Donatella Sandrelli tra i due curatori della mostra in corso a San Gimignano, Enrico Maria Giuffrè (a sinistra) e Jacopo Tabolli. (Foto Fabrizio Gasparetto)