Benvenuti a Kyme. La Cuma dell’Asia Minore Mediterraneo orientale

Archeologia Viva n. 199 – gennaio/febbraio 2020
pp. 40-53

di Marco Camera, Benedetto Carroccio, Carmelo Colelli, Mariantonietta De Fazio, Vincenzo Di Giovanni, Massimo Frasca, Antonio La Marca, Stefania Mancuso, Maurizio Paoletti, Giuseppe Ragone e Lucia Scatozza Höricht

a cura di  Antonio La Marca

Il geografo greco Strabone la definì come “la più grande e splendida tra le città eoliche”: i risultati delle trentennali indagini condotte dalla missione archeologica italiana confermano la grandezza di questo centro portuale della costa anatolica attivo senza soluzione di continuità per quasi duemila anni

Tra le tante esplorazioni archeologiche in corso in tutto il bacino mediterraneo, una delle più affascinanti è senza dubbio quella che sta portando alla luce i resti dell’antica Kyme d’Eolia, o “Cuma eolica”, sulla costa occidentale dell’Asia Minore. Qui, a circa metà percorso della moderna strada statale fra Izmir (l’antica Smirne) e Bergama (l’antica Pergamo*), giacciono le rovine di questo importante centro affacciato sull’Egeo.

A partire dagli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, sul sito ha operato una missione italiana che, in oltre trent’anni di lavoro, è riuscita a far emergere quello di Kyme tra i “grandi scavi” della Turchia egea, restituendo un quadro ormai abbastanza chiaro dello sviluppo della città. Essa fu attiva, senza soluzione di continuità, dalla fondazione nell’XI sec. a.C., forse a opera di coloni eoli provenienti dalla Beozia, fino agli inizi del XV sec. d.C., quando il territorio fu conquistato dagli ottomani di Maometto I. […]