Hannibal: prove per un ritratto Cartagine e Roma

Archeologia Viva n. 200 – marzo/aprile 2020
pp. 46-57

di M’hmed Hassine Fantar; traduzione e cura di Umberto Pappalardo

Tutta l’antichità greco-romana riconobbe il valore di questo protagonista della storia che non ha mai smesso di sedurre e commuovere

I Romani ne ebbero paura e lo odiarono ma anche loro non poterono sottrarsi a un senso di ammirazione per il suo genio strategico

E sullo sfondo della parabola annibalica la vicenda della grande Cartagine punica giunta ormai all’epilogo sconfitta dalla potenza rivale e dall’insufficienza delle sue istituzioni

Immensa è la produzione storiografica, letteraria e artistica su di lui. Figura potente, generosa, prodiga, enigmatica, complessa e, nello stesso tempo, semplice. Chi lo indaga ne resta confuso. Per conoscere Annibale e presentarlo ai contemporanei, gli storici dell’antichità greco-latina dovettero attingere a varie fonti, cartaginesi e classiche, senza trascurare archivi e documenti come la tavola in bronzo di cui parla Polibio (206 a.C. circa-118 a.C.), sulla quale Annibale stesso – nell’estate che passò inoperoso presso il tempio di Hera Lacinia a Crotone (nel 205 a.C., prima di rientrare a Cartagine nel 203 a.C.) – avrebbe fatto incidere in lingua punica e greca la storia delle proprie imprese. [continua a leggere sulla rivista]