Limes. Viaggio sui confini dell’Europa romana La difesa dell'Impero

Archeologia Viva n. 200 – marzo/aprile 2020
pp. 8-23

di Sergio Rinaldi Tufi

La ricorrenza dei trent’anni della caduta del Muro di Berlino ha indotto gli studiosi della Romanità a fare il punto su un’altra ben più imponente e longeva barriera fra due mondi: quella poderosa linea fortificata di migliaia di chilometri che non fu solo una diga ma piuttosto un diaframma permeabile e osmotico di civiltà

A poco più di trent’anni dalla sua caduta il Muro di Berlino (1961-1989) continua a proporsi come modello di confine duro e invalicabile, di barriera fra due mondi. Fra le tante rivisitazioni, bisogna ricordare quella proposta in una giornata di studio svoltasi di recente presso l’Istituto Archeologico Germanico a Roma (fra le manifestazioni programmate per il 190° anno dalla fondazione dell’Istituto stesso), dedicata alle ultime ricerche sul Limes dell’impero romano e quindi anche al Muro come modello “in negativo”, al Muro che è stato ciò che il Limes non era stato.

Nel lontano 1892, per impulso del grande storico ed epigrafista tedesco Theodor Mommsen (1817-1903), fu fondata in Germania la “Reichs-Limeskommission” e da allora le indagini e gli studi sui confini fortificati della Romanità continuano a moltiplicarsi alimentando un dibattito sempre più vivace. Al contrario del Muro di Berlino, il Limes, che peraltro restò in funzione per secoli, fu una linea difensiva basata sulla mobilità: il confine era seguito da una strada che assicurava gli spostamenti delle truppe, ma era anche attrezzato, con passaggi controllati, per assicurare il transito di uomini e merci, nell’ambito di un rapporto non sempre necessariamente conflittuale fra Romani e gentes externae. [continua a leggere sulla rivista]