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Caro amico ti scrivo… Il professor Anati e la quarantena

7 Aprile 2020


Riflessioni affidate a una penna.
Guardando il cielo da una finestra, mentre intorno il “silenzio padrone”
è interrotto dal passaggio di un gatto. Se va male quello di una sirena.
Continuando comunque a resistere e crederci ancora.

Pubblichiamo e condividiamo l’intimo diario dalla quarantena (in Israele) del professor Emmanuel Anati (classe 1930), da sempre fedele “compagno di viaggio” di Archeologia Viva nonché membro del Comitato scientifico della rivista fin dalla sua fondazione.

« Caro Piero (Pruneti – ndr), al momento sono in quarantena – scrive Anati nella mail che accompagna la lettera – in una cittadina di Israele, Givatayim. Stavo lavorando al sito di Har Karkom nel deserto del Negev, quando Corona si è fatta viva: gli aeroporti  sono stati chiusi e i voli cancellati. Data la mia età, i medici raccomandano che non esca fin quando non cessi il pericolo di contagio. Ne approfitto per scrivere, pensare e studiare. Forse la mia lettera può stimolare qualche pensiero. L’archeologia si apre alla futurologia? Sarebbe una bella svolta!». Cari saluti.

Emmanuel

 

IL NEMICO INVISIBILE

(Ogni similitudine con la realtà è puramente casuale: la realtà è che tutto va bene)

di Emmanuel Anati*

Quando ancora l’uomo non conosceva la ruota, ha impiegato un milione di anni dalla sua prima uscita dall’Africa per raggiungere la Cina. Il nemico invisibile ha impiegato un giorno, per giungere dalla Cina al resto del mondo. Anch’egli non conosce la ruota. Vi è giunto per via aerea, nascosto in un corpo inconsapevole di esserne il portatore. Il nemico invisibile attacca il corpo portatore e questo corpo, che ha creato l’aereo con il quale ha viaggiato, non sa come sconfiggere il nemico invisibile. Gli algoritmi dell’intelligenza artificiale competono con le menti umane per trovare la formula; intanto il nemico invisibile si diffonde fino agli angoli più reconditi del pianeta. Si: l’intero pianeta è infestato. Ogni vivente ne è coinvolto: anche te, anche me. Dal rifugio-prigione ho una finestra per vedere il resto del mondo, e quello che vedo è un tratto di strada statica, immobile, irreale: come una cartolina postale.

Tutti uguali davanti al contagio

Gli 007 gli hanno dato il nome di Corona, confidenzialmente chiamato CV. Il Grande Fratello ha impartito regole alla popolazione di come nascondersi, per non essere scoperti da questo nemico che, non si sa come, pur senza intelligenza artificiale, riesce a penetrare in tutti i corpi che gli si avvicinano, li colonizza fino ad annientarli e li usa come colonie per espandersi ulteriormente. Le potenziali vittime non hanno ancora trovato l’antidoto e il nemico invisibile prende tutti i corpi che incontra. Altri nemici invisibili ogni tanto attaccano l’uomo (dalla peste al colera, alla febbre gialla, al vaiolo, all’ebola, alla malaria, alla tubercolosi, all’HIV). L’uomo trova modo di debellarli, ma ogni volta questa guerra contro nemici invisibili semina morti sul terreno e la costosa vittoria è raggiunta, dopo lunghe ricerche, trovando l’arma che sconfigge il nemico. Non si conosce un’arma che possa proteggere da ogni nemico invisibile. Per ognuno di questi occorre l’arma specifica che debella l’uno ma non l’altro.

Tecnologici e vulnerabili

L’uomo che va sulla Luna e viaggia su veicoli ultrasonici, che esplora l’universo, che produce arte e filosofia, che gode della musica della bellezza e dell’amore, che sa produrre armi sempre più letali per combattere i suoi simili, si trova ogni volta disarmato di fronte a nuovi nemici invisibili. Il filtro che protegga da tutti questi nemici, che garantisca incolumità, è menzionato in alcuni antichi libri di scienze occulte, ma la formula magica non è stata rivelata. Si continua a cercarla. Intanto il corpo umano si mostra vulnerabile, oltre che agli attacchi dei propri simili, anche a quelli dei nemici invisibili.

Il rimedio più “doloroso”: l’isolamento

Il nemico CV sta falciando vittime e per ora manca l’arma per debellarlo. Occorre nascondersi per non essere da lui scoperti. L’isolamento è l’unica difesa ma per la natura stessa dell’uomo, l’isolamento non può durare in eterno e prima o poi si rischia di fare un passo falso e cadere nell’imboscata. Vari alchimisti nel mondo competono per essere i primi a trovare la formula dell’antidoto ma il ritmo dell’espansione del nemico è per ora più veloce di quello delle soluzioni dei luminari. Quando una città è sotto assedio, questo non può durare in eterno. Se non debella l’assediante, prima o poi deve arrendersi. E l’individuo è come una città fortificata le cui mura non sono inespugnabili, possono cadere al suono delle trombe. Intanto si propongono armi difensive varie, da medicamenti usati già per altri nemici invisibili, a diete particolari, a corazze sintetiche anti-contagio, a preghiere, accensione di ceri, stregonerie varie e fatture magiche.

Silenzi e sirene

Non si sa quanto la quarantena forzata duri. Intanto, chiuso tra quattro mura, gli unici compagni sono il computer e il telefono, e una radiolina che trasmette musica. Dalla finestra si vede una strada vuota, nessuno passa. Tutto è sideralmente immobile, tranne le fronde di un albero, mosse delicatamente dalla lieve brezza e visitate da un uccello solitario, che mi scopre e mi guarda. Questo silenzio surreale è di colpo infranto dalle sirene di un’ambulanza che passa veloce e si dilegua. Anche la musica che riscalda i nudi muri della camera si ferma per un attimo per dare spazio alla sirena. Poi tutto torna come prima.

Meno incontri più contatti

Da quando la quarantena imprigiona tra quattro mura, internet e telefono non cessano di operare. Pare che finora il nemico invisibile non abbia imparato a usare il telefono. Salvo il vicino minimercato, dove c’è lista d’attesa per fare ordinazioni, sono abbattute tutte le frontiere. Telefonate giungono da vari angoli del pianeta. Sono calate le comunicazioni didattiche, scientifiche e di redazione, si sono moltiplicate quelle di amici e conoscenti che s’informano: “Non l’hai ancora presa?” E giungono tristi notizie su chi non ce l’ha fatta. I messaggi vengono anche da conoscenti e colleghi che non si erano sentiti da anni. Un mosaico delle umane vicende affluisce tramite la cornetta telefonica: rivela uno sconvolgente dissesto economico e sociale che va oltre il dissesto sanitario. La quarantena neutralizza la struttura burocratica e rivela le sue carenze. L’isolamento conduce a malesseri economici e sociali. Il nemico invisibile causa traumi per chi si ammala e per chi non si ammala. La realtà contingente mostra la fragilità del sistema. Ordine e disordine si confondono.

False credenze e nuove convinzioni

Una delle telefonate è quella di un conoscente che raccomanda di usare cibo piccante con grandi quantità di paprica, e bere un buon bicchiere di vodka ad ogni pasto. “Sono medicine piacevoli che ammazzano i virus e formano anticorpi che difendono l’organismo contro di loro. Sono antichi metodi che hanno sempre funzionato”. Se la cosa fosse così semplice, forse, tale raccomandazione sarebbe già giunta dalle autorità competenti. E se invece all’invisibile virus piacesse la vodka? Altra telefonata è quella di uno studente che dice: “Io credo in quello che vedo. Vedo i malati e i morti ma non vedo il virus. Devo convincermi di credere anche nell’invisibile.  A parte questi virus, potrebbe trattarsi di un atto di stregoneria ad opera di un nemico dell’umanità? Un essere invisibile, padrone dell’antica arte del sortilegio?”. Ricorre il timore dell’untore. Corre l’immaginazione. Nuovi miti si aggiungono al ricco repertorio.

Notizie dal “fronte”

È giunta anche la telefonata di un amico medico allo stremo delle forze. È rimasto solo nel suo dipartimento d’ospedale mentre altri due medici sono assenti, uno ha preso il morbo e l’altro è in quarantena. Anche il personale paramedico è dimezzato, pochi gli infermieri, mentre i malati superano di gran lunga la prevista capienza e riempiono i corridoi. Mancano letti, medicine e strumenti che possono salvare vite. Quando si libera un posto, e tristemente se ne liberano, occorre fare scelte difficili. Chi scegliere tra un ottantenne malandato e un quarantenne che ha una famiglia da mantenere? Mi dice: “Meglio evitare l’ospedale: è l’anticamera del cimitero. Qui anche se non ce l’hai la prendi”. E i medici non riescono più a far fronte, possono passare ore prima che un medico riesca a vederti. E se sei grave, mancano le attrezzature per salvarti”. E poi aggiunge: “Non ammalarti, nessuno verrà a curarti o a dirti quali medicine prendere”. Cosa succederebbe se, scivolando nella doccia, mi rompessi una gamba? Qual è il minor dei mali? Farsela sistemare rischiando di prendere il virus o tenersi la gamba rotta aspettando che il virus sia debellato?

Appesi a numeri e percentuali

Secondo un amico, le previsioni sono che se entro l’anno l’antidoto, il vaccino o l’infuso magico sarà disponibile, meno del 5% dell’umanità sarebbe raggiunta dal nemico invisibile e di questi morirebbero solo il 2%, nella grande maggioranza sopra i 60 anni. I vecchi se ne andranno ma l’umanità si salverà. Questo invisibile nemico, per il momento, se non avesse mutamenti, se non divenisse più cattivo, non dovrebbe mettere in pericolo la specie umana, anche se riuscirà a ripulirla dai più deboli, forse anche dai più saggi, e a devastare la vita sociale e l’economia.

Il tempo dell’incertezza

Viene da pensare cosa potrebbe accadere se un prossimo nemico invisibile fosse ancor più virulento. Una pandemia totale, che paralizzi, avveleni, o blocchi il cuore o il cervello, o altro, sarebbe un disastro totale se non fosse pronto l’antidoto globale. Potrebbe causare l’estinzione della specie umana. Cosa può fare l’umanità per difendersi da possibili catastrofi del genere? Occorre trovare l’antidoto totale, la difesa dell’uomo da ogni nemico invisibile. Probabilmente le grandi potenze troverebbero la totale collaborazione nell’auspicio di superare la totale incapacità nel risolvere la situazione.  La banca mondiale garantirebbe prestiti alle anime dei morti, con interessi sostenibili.

Microscopici e paurosamente letali

I virus, come altri parassiti, sono parte del sistema. Potrebbe il corpo umano sopravvivere senza alcun virus? E potrebbe qualche microbo sostituirsi ai virus nell’eliminazione della specie umana? Cosa fare per proteggersi dai microbi? E potrebbe qualche mosca, zanzara o altro insetto essere altrettanto letale? Come difendersi? E potrebbe qualche cibo o fumo industriale diffondere globalmente effetti cancerogeni devastanti? Certamente le vie della salute sono infinite. Intanto va trovato il rimedio al primo pericolo. Le ricerche del vaccino cesserebbero quando crepasse l’ultimo ricercatore. Ora che tanto progresso si fa nella ricerca e nella cultura, ora che i vivi siamo noi, che abbiamo figli e nipoti, sarebbe un peccato che la specie umana si estinguesse. Portandosi dietro i suoi virus e i suoi microbi, dai pitecantropi ai sapiens, la specie ha sopravvissuto per 4 milioni di anni, fino ai giorni nostri. Diamole ancora qualche annetto.

Lotta per la sopravvivenza

I pericoli possono essere dietro l’angolo. Non sarebbe il primo caso di specie estinta. Come sono scomparsi i dinosauri? Si pensa ad una catastrofe, forse una meteorite, che ha scosso il pianeta. Come sono scomparsi i mammut? Un carnivoro bipede, assai più piccolo di loro, amava la loro carne. Per il mammut, il suo parassita, l’uomo, era come la zanzara o la formica è per l’uomo. Non era un virus, ma per le vittime non cambiò il loro destino il fatto che il nemico non fosse invisibile. Malgrado la loro mole non riuscirono a sopraffare il piccolo aggressore. Scomparvero, e il piccolo aggressore s’impadronì del pianeta Terra. Innumerevoli altre specie sono scomparse tra cui anche l’uomo di Neanderthal: probabilmente fu vittima di un virus. Può Homo sapiens fare la stessa fine? Nulla è fuori dubbio. Come difendersi da simili imprevisti? Anche la bomba atomica, efficace per eliminare esseri umani, non pare funzionare contro i nemici invisibili.

Il dubbio: siamo giganti o formiche?

Gli eventuali extraterrestri che atterrassero sul pianeta Terra vi troverebbero il regno delle formiche (ipotizziamo un’astronave di 5 cmq , che naviga a grande velocità con l’anti-energia, con dentro mille marziani, visibili alle formiche ma, senza microscopio, invisibili all’uomo). Probabilmente non saprebbero spiegarsi i palazzi, le strade, i ponti e le altre follie che l’estinta specie delle bipedi formiche giganti costruirono nell’età del Beton. Si diranno: “Il loro DNA non era molto dissimile da quello delle formiche, la loro struttura sociale anche, difficile comprendere come mai la loro corporatura, ed anche le loro abitazioni, fossero così diverse. Il fatto ancora più strano è che preferivano i presidenti alle regine”.

Addomesticati tra le mura domestiche

Settimane d’isolamento tra quattro mura hanno impedito svaghi e divaghi, ed alcuni testi sono cresciuti più velocemente del solito. In mancanza di scampo si lavora. Il vitto è ordinato via internet, grazie alla carta di credito, e portato davanti alla porta (si trova quasi tutto, a parte uova e carta igienica). L’invisibile nemico non ha ancora attraversato le quattro mura. E anche il prigioniero delle quattro mura non le ha varcate. La finestra è l’unico sbocco sul mondo. Un gatto, ignaro del nemico invisibile, attraversa la strada. La stazione radio di musica classica, che lui non sente, sembra che accompagni il muoversi delle sue zampette. Quasi una danza.

Eppure… ce la faremo

Cosa succederebbe se il prigioniero si ammalasse? O se, come avvenuto qualche mese fa, dovesse mancare l’acqua o l’elettricità? O se, come avvenuto altrove di recente, vi fosse un terremoto? O un uragano che scoperchia i tetti? O un incendio? A questi pensieri viene da pensare, quanto siamo fortunati! Nella tristezza per i defunti e gli ammalati, occorre fare di tutto per sopravvivere. Tra le disgrazie possibili, per ora siamo fortunati, abbiamo solo un nemico invisibile che ci circonda ma non ci ha ancora catturato. E, salvo imprevisti, se teniamo duro, ce la faremo.

Un caro saluto dai quattro muri.

 Emmanuel Anati

*Emmanuel Anati è nato a Firenze nel 1930 e ha compiuto i suoi studi di archeologia e preistoria nelle Università di Gerusalemme, Harvard, Cambridge, Massachussetts e Sorbona. Nel 1964 ha fondato – e dirige tuttora – il Centro Camuno di Studi Preistorici. Già ordinario di Paletnologia all’Università di Lecce, ha insegnato nelle principali università di Francia, Inghilterra, Israele, Stati Uniti e Canada. Ha compiuto missioni di ricerca, spedizioni e consulenze per conto dell’Unesco e di vari Governi, per lo studio di siti preistorici e di arte rupestre nonché per la programmazione e la creazione di riserve, parchi archeologici e musei. Dal 1980 dirige la Missione archeologica italiana nel Sinai e nel deserto del Negev dove ha scoperto e studiato la montagna sacra di Har Karkom. È membro del comitato scientifico di Archeologia Viva dalla fondazione del periodico (1982).