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Brescia aspetta la sua Vittoria Simbolo di rinascita oggi più che mai

7 maggio 2020


Il fitto calendario di eventi che celebrerà il suo ritorno a Brescia è già definito. Ancora qualche mese e poi la Vittoria Alata tornerà finalmente a casa, dopo quasi due anni  di restauro presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze dove è “rimasta bloccata” a causa dell’emergenza coronavirus.

Inizio delle operazioni per l’imballo e il trasferimento della Vittoria Alata nel 2018 dal Museo di Santa Giulia di Brescia all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. (Foto Renato Corsini)

Una nuova casa l’aspetta

Alta un metro e novantacinque, la grande statua in bronzo vanta rinomati estimatori, tra cui Giosuè Carducci che la celebrò nell’ode Alla Vittoria,  mentre  Napoleone III  e Gabriele d’Annunzio ne vollero addirittura una copia. Di fatto, per composizione, materiale e conservazione resta una delle opere più importanti che ci siano arrivate dalla romanità.
Vedi video: https://www.facebook.com/firenzearcheofilm/videos/243250176749547/

(Foto Archivio Fotografico dell’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze) 

Una volta rientrata a Brescia, l’opera troverà una nuova apposita collocazione nella cella orientale del Capitolium (a pochi passi da dove venne rinvenuta il 20 luglio 1826 ) in un allestimento museale curato nei minimi dettagli dal celebre architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg.

Eccezionale ritrovamento

La scultura, realizzata in bronzo con la tecnica della fusione a cera persa, è databile attorno al secondo quarto del I sec. d.C. ed è ispirata a modelli ellenistici del III sec. a.C.
«La sua scoperta – dichiara Francesca Morandini, conservatore Patrimonio archeologico di Fondazione Brescia Musei – si deve alla strenua volontà delle autorità municipali e dei membri dell’Ateneo di Scienze Lettere Arti che nel 1823 promossero una straordinaria campagna di scavi archeologici ai piedi del colle Cidneo, portando in luce i resti dell’antico Tempio Capitolino, della statua e di numerosi altri reperti in bronzo che restano ancora oggi unici nel panorama delle testimonianze di arte antica in Italia settentrionale.

Area archeologica del Capitolium, dove la Vittoria Alata fu rinvenuta e dove ritornerà in un apposito spazio espositivo.
(Foto Archivio Fotografico Musei Brescia) 

«A queste indagini− prosegue Francesca Morandini − parteciparono anche i cittadini, che finanziarono parte di questa impresa da cui nacque il primo dei nostri musei, nel 1830. Da quel momento la città ha custodito e valorizzato con grande orgoglio e responsabilità questo tesoro facendone un simbolo identitario di profondo significato, a partire dai moti risorgimentali.

Leone Candiani (stampa alla gelatina a sviluppo 1920/1923 ca.): l’orgoglioso abbraccio di quanti contribuirono a riposizionare la statua, che vediamo ancora su un supporto provvisorio, nell’aula del Museo, dopo il suo rientro a Brescia al termine della Prima Guerra Mondiale.

Conclude la Morandini: «Oggi più che mai Brescia, così duramente colpita dall’emergenza sanitaria, attende di potersi stringere nuovamente intorno alla Vittoria Alata, auspicio dell’impegnativa ripresa che la città deve affrontare»

Elegantissima e… più forte del Dio della Guerra

La statua vestita di una tunica fermata sulle spalle (kiton) e di un mantello (himation) venne rifinita con strumenti a punta che ne definiscono con precisione i dettagli.

La statua della Vittoria Alata (I sec. d.C.) prima delle operazioni di restauro.
(Foto Archivio Fotografico Musei Brescia)

La particolare posizione, con una gamba leggermente sollevata e le braccia avanzate, si spiega con la presenza in origine di alcuni attributi che permettevano di identificarne il soggetto. Spiega la Morandini: «La statua doveva trattenere, tra la mano sinistra e la gamba sinistra leggermente piegata, uno scudo, oggi perduto.

«Con uno stilo (che doveva tenere tra le dita della mano destra) aveva appena finito di incidere su questo scudo di bronzo il nome di una persona importante: probabilmente un vincitore o un personaggio ragguardevole per la città di Brescia. Al di sotto del piede sinistro doveva esserci invece l’elmo di Marte, il dio della guerra, e tale gesto simbolico della Vittoria che si appoggia sull’elmo di Marte era un evidente richiamo alla maggior forza di questa divinità addirittura rispetto al Dio della Guerra».

La necessità del restauro

I lavori di restauro, promossi da Comune di Brescia, Fondazione Brescia Musei, Soprintendenza archeologia Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Bergamo e Brescia sono stati condotti dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.

(Foto Archivio Fotografico dell’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze)

La scelta di procedere con il restauro è nata dalla constatazione che, dopo circa 180 anni, la struttura interna di sostegno delle ali e delle braccia (al momento della scoperta erano staccate dal corpo) e il relativo riempimento inseriti nell’Ottocento (per consentire l’esposizione della statua presso l’allora Museo Patrio) non erano più in grado di svolgere la loro funzione in assoluta sicurezza dal punto di vista statico. Inoltre, la natura organica dei materiali del riempimento e il loro inarrestabile processo di invecchiamento rappresentavano un ulteriore fattore di rischio chimico-fisico.

Una squadra per la Vittoria

Il trasferimento della statua all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze nel luglio del 2018 ha determinato l’avvio di un complesso intervento di restauro e di ricerca che coinvolge quasi trenta professionisti: restauratori, archeologi, esperti scientifici e altri con conoscenze e competenze specifiche che a vario titolo e con diverse specializzazioni sono impegnati nelle attività di conoscenza e conservazione di questa eccezionale testimonianza dell’arte antica.

Particolare della testa della Vittoria Alata durante la rimozione delle incrostazioni presenti tra le ciocche dei capelli. Già parzialmente restaurata, la capigliatura mostra tutta l’eleganza e la raffinatezza che la contraddistinguono.
(Foto Archivio Fotografico dell’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze)

Bella e delicatissima

La rimozione controllata dei materiali costituenti il riempimento della Vittoria Alata ha richiesto più di sei mesi di lavoro, data la complessità delle lavorazioni che sono state realizzate con la massima cautela possibile per non arrecare nessun tipo di danno al  bronzo. Le analisi scientifiche e gli studi condotti presso l’Opificio delle Pietre Dure hanno dimostrato che sul bronzo si erano accumulati e stratificati residui di prodotti estranei all’opera, in parte frutto di interventi succedutisi dal XIX al XX secolo.

Parte del gruppo di lavoro che opera sulla Vittoria Alata. In tutto sono trenta i professionisti che hanno reso possibile l’elaborata operazione di restauro.
(Foto Archivio Fotografico dell’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze) 

In apertura: La squadra di specialisti intorno alla statua al suo arrivo in Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
(foto Renato Corsini)


 

A cura di Fondazione Brescia Musei, Comune di Brescia e Opificio delle Pietre Dure Firenze.