Homo sapiens Scoperto il più antico in Europa

13 maggio 2020


Risalgono a 45.000 anni fa i resti che attestano la primissima presenza di Homo sapiens (ovvero noi) in Europa. Un “dettaglio cronologico” di portata rivoluzionaria che anticipa di ben duemila anni, rispetto a quanto ipotizzato fino a oggi, l’arrivo della nostra specie nelle latitudini medie dell’Eurasia, e aumenta di conseguenza il periodo di convivenza (con relative interazioni sociali e culturali) tra i sapiens e i cugini Neandertal scomparsi 40.000 anni fa.
La scoperta si deve a un gruppo internazionale coordinato dall’Istituto tedesco Max Planck per l’antropologia evolutiva e del quale l’Italia fa parte con l’Università di Bologna.

Situata a pochi chilometri dalla piccola città bulgara di Dryanovo, ai piedi dei Balcani, la grotta di Bacho Kiro è un sito ben noto. Venne indagato già alla fine degli anni ‘30 del secolo scorso e poi nuovamente negli anni ‘70, quando furono trovati anche frammenti di resti umani. Per approfondire il contesto di quei primi ritrovamenti e ottenere una cronologia più precisa della frequentazione umana della grotta in epoca preistorica, nel 2015 sono stati effettuati nuovi scavi sotto la guida dell’Istituto Nazionale Archeologico Bulgaro e del Max Planck Institute. Oggi i sorprendenti risultati dallo studio dei reperti.

La prova che si aspettava da sempre

I resti “parlanti” sono stati rinvenuti nella grotta di Bacho Kiro, in Bulgaria, e consistono in un dente e cinque frammenti ossei che l’analisi del Dna mitocondriale ha attribuito a Homo sapiens.

Associati a essi vi erano numerosi manufatti in osso e strumenti da caccia piuttosto elaborati che le misurazioni al radiocarbonio hanno confermato risalire alla fase iniziale del Paleolitico superiore, dunque coevi con i resti umani.
Secondo gli studiosi, i nostri antenati sapiens portarono nella grotta selce di alta qualità da fonti lontane fino a 180 chilometri dal sito, dove li trasformavano in strumenti come lame appuntite, forse per cacciare e molto probabilmente per macellare i resti degli animali.

Datazione certa grazie alle nuovissime tecnologie

«Per la prima volta in assoluto – spiega la professoressa Sahra Talamo dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna – il team da me coordinato è riuscito in una datazione estremamente precisa. Solitamente quando si fanno datazioni al radiocarbonio intorno ai 42.000 anni, l’errore si aggira tra i 1000 e 1700 anni. Sarebbe come dire che noi siamo vissuti nella stessa epoca di Giulio Cesare… cosa affatto vera. Ecco, in questo caso siamo riusciti a fare una datazione con un errore di soli trecento anni».

«La maggior parte delle ossa di animali datate – dice Helen Fewlass, nell’équipe della professoressa Talamo – hanno segni di modificazione da parte dell’uomo, ad esempio tracce di macellazione. Questi dati, insieme alle datazioni dirette delle ossa umane, ci forniscono un quadro cronologico molto chiaro di quando Homo sapiens ha occupato per la prima volta questa grotta, nell’intervallo tra 45.820 e 43.650 anni fa, e potenzialmente già 46.940 anni fa».

I Neandertal copiarono dai Sapiens?

Alcuni manufatti in osso e avorio, sempre risalenti alla fase iniziale del Paleolitico superiore, sono tra gli oggetti che i ricercatori hanno collegato a testimonianze neandertaliane di alcuni millenni più tardi ritrovate in altre aree d’Europa.
«Gli strumenti in osso e avorio che abbiamo rinvenuto in Bulgaria sono sorprendentemente simili a quelli prodotti dai Neandertaliani nella fase precedente alla loro estinzione, venuti alla luce nella Grotte du Renne, in Francia», conferma Sahra Talamo.


Una “coincidenza” che porta a sostenere l’ipotesi secondo cui questi comportamenti neandertaliani siano il risultato di incontri ravvicinati con i primi gruppi di Homo sapiens arrivati in Europa.
Prosegue la professoressa Talamo: «Il Neandertal vive in Europa per 400.000 anni e fa sempre le stesse cose. Solo verso la fine della sua esistenza inizia a fare cose diverse. Guarda caso proprio quando arriviamo noi. Abbiamo insomma dimostrato che i manufatti prodotti dall’uomo moderno 7.000 anni prima di quelli realizzati dal Neandertal (rinvenuti in Francia) sono identici. Risulta chiaro che il Neandertal li ha fatti perché li ha copiati. Li ha assimilati, li ha visti fare. E questa è la grande novità».

Trovata finalmente la “pistola fumante”

Per Marco Peresani, docente di Culture e Paleolitico all’Università di Ferrara e collaboratore dell’Istituto Max Planck, «questa è la riprova che si attendeva da sempre.

«Gli scavi nella grotta di Bacho Kiro dimostrano l’associazione tra queste innovazioni culturali che vediamo nella tecnologia della pietra scheggiata e nell’uso dell’osso come materia per la fabbricazione degli strumenti e la specie umana che li aveva creati ovvero l’uomo moderno, il sapiens. Fino a oggi non era certo a chi appartenessero tutte queste innovazioni culturali, si lavorava su delle ipotesi, oggi lo sappiamo con certezza scientifica».