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Storia genetica degli italiani Novità dall’ultima glaciazione

25 maggio 2020


La straordinaria ricchezza genetica degli italiani affonda le proprie radici nell’ultima glaciazione

Sono risultati davvero sorprendenti quelli raggiunti da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna. La maggior parte degli studi genetici condotti fino a oggi aveva infatti suggerito che gli eventi più antichi di cui era rimasta una chiara traccia nel DNA degli italiani fossero le migrazioni avvenute tra 7.000 e 4.000 anni fa, durante il Neolitico e l’Età del Bronzo.
I risultati della nuova ricerca mostrano invece che gli adattamenti biologici all’ambiente e le migrazioni che hanno contribuito a porre le basi della straordinaria eterogeneità genetica degli italiani sono molto più antichi di quanto fino a ora ipotizzato ovvero circa 19.000 anni fa.

In Europa abbiamo il primato della diversità

Gli italiani sono il popolo con la maggiore ricchezza genetica d’Europa.
Il gradiente di variabilità del patrimonio genetico degli italiani, che si distribuisce da un estremo all’altro della penisola, racchiude su piccola scala la stessa diversità genetica che differenzia i popoli dell’Europa Meridionale da quelli dell’Europa Continentale.
Una straordinaria eterogeneità che ha iniziato a delinearsi già dopo il periodo di massima espansione dell’ultima glaciazione, conclusasi circa 19.000 anni fa.

Ecco perché ci ammaliamo diversamente

Spiega Marco Sazzini, professore di Antropologia molecolare all’Università di Bologna e tra i coordinatori dello studio: «Questa indagine ci fornisce informazioni utili per comprendere le caratteristiche biologiche della popolazione italiana attuale e le cause profonde che contribuiscono a influenzarne la salute o la predisposizione a determinate patologie».
Dopo il periodo di massima espansione dell’ultima glaciazione, a partire da circa 19.000 anni fa gli antenati degli italiani del Nord e di quelli del Sud hanno iniziato a sperimentare contesti ecologici e ambientali sempre più diversi, che hanno via via contribuito all’emergere di differenze e peculiarità nel loro patrimonio genetico.

 Al nord meno diabete e obesità

Le popolazioni che hanno ri-occupato l’Italia settentrionale hanno continuato per millenni a sopportare brusche variazioni climatiche e pressioni ambientali simili a quelle dell’ultimo massimo glaciale. Una circostanza che ha portato all’evoluzione di adattamenti biologici specifici. Ad esempio, lo sviluppo di un metabolismo adatto a una dieta altamente calorica e ricca di grassi animali, indispensabile per sopravvivere in un clima rigido.
Secondo Paolo Garagnani docente di Patologia generale dell’Università di Bologna: «Negli individui originari del Nord Italia abbiamo individuato modificazioni a carico di geni che regolano la secrezione di insulina, la produzione di calore corporeo e il metabolismo del tessuto adiposo. Questi adattamenti potrebbero rappresentare oggi preziosi fattori protettivi nei confronti dello sviluppo di patologie come il diabete e l’obesità».

Al sud meno tumori della pelle 

Nello stesso periodo, le regioni del Centro e del Sud Italia hanno visto invece instaurarsi un clima via via più mite, che ha esposto le popolazioni a pressioni ambientali diverse.
Guardando al genoma degli individui originari dell’Italia meridionale, gli studiosi hanno evidenziato invece modificazioni dei geni che regolano la produzione di melanina, il pigmento responsabile della colorazione della pelle, evolute con ogni probabilità in risposta alle giornate di sole frequenti e intense tipiche delle regioni mediterranee, e che potrebbero contribuire aduna minore predisposizione ai tumori della pelle degli italiani del Sud.

Individuati 17 milioni di varianti genetiche

Per realizzare lo studio i ricercatori hanno sequenziato l’intero genoma di quaranta individui, selezionati in modo da rappresentare con una buona approssimazione la variabilità biologica della popolazione italiana.

L’analisi ha permesso di individuare oltre 17 milioni di varianti genetiche. Gli studiosi hanno quindi messo a confronto questi dati, da un lato con le varianti genetiche già osservate in altre 35 popolazioni europee e del bacino del Mediterraneo, e dall’altro con quelle descritte dagli studi condotti su quasi 600 reperti umani riconducibili a un arco temporale che si estende dal Paleolitico superiore (circa 40.000 anni fa) fino all’età del Bronzo (circa 4.000 anni fa).