Spiriti e dèi nella Sardegna preistorica Mondo mediterraneo

Archeologia Viva n. 203 – settembre/ottobre 2020
pp. 40-57

di Giorgio Murru

Senza soluzione di continuità una vena profonda collega le varie fasi della civiltà sarda a partire dalla più lontana preistoria

Ecco questo percorso nelle migliaia di anni tuttora vissuto dalle genti dell’isola rimaste fedeli alla loro terra e orgogliose di tradizioni antichissime

Lincedere lento, il passo ritmato da uno scatto nervoso, improvviso, che produce un furore di suoni. Mille campanacci ora esplodono all’unisono rompendo il silenzio di una sera d’inverno abbagliata dal fuoco, che scaglia in cielo una miriade di scintille e nuvole di fumo acre. È la sera del 16 gennaio, non una serata qualsiasi in Barbagia.

I fuochi per sant’Antonio Abate danno il via al Carnevale che in queste terre è ben altro che una teoria di maschere, ma un inno al risveglio della natura. I Mamuthònes danzano intorno ai roghi, le maschere orride coprono il viso racchiuso in un fazzoletto di lana marrone. Indosso la mastruca, un giaccone di pecora nera privo di maniche, e sulla schiena trenta chili di campanacci di varie dimensioni il cui concerto ripropone l’armonia del gregge al pascolo.

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