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Indietro nel tempo Ecco l'orologio al radiocarbonio

25 agosto 2020


Un orologio al radiocarbonio svela i segreti del passato

Un gruppo internazionale di ricerca, che ha coinvolto anche l’Università di Bologna, ha messo a punto nuovi standard per le datazioni al radiocarbonio. Ciò permetterà di datare reperti risalenti fino a 55.000 anni fa con una precisione fino a oggi impensabile (era possibile andare indietro nel tempo “solo” fino ai 50.000 anni fa).
Il progetto, portato avanti per sette anni, è stato realizzato grazie all’analisi di oltre 15 mila reperti.

Esemplare di albero kauri risalente fino a 40.000 anni fa (Credit: Nelson Parker) 

I risultati compongono tre nuove curve di calibrazione del radiocarbonio: IntCal20 per i reperti rinvenuti nell’emisfero nord del pianeta, SHCal20 per l’emisfero sud e Marine20 per il mondo degli oceani.

Più informazioni su Homo Sapiens (ovvero noi)

Per l’Università di Bologna ha partecipato allo studio  Sahra Talamo, docente del Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” e Principal Investigator del progetto ERC RESOLUTION, che spiega:«Queste nuove curve di calibrazione del radiocarbonio ci daranno la possibilità di osservare il passato con un livello di dettaglio mai raggiunto prima. Tutto questo ci permetterà ad esempio di ottenere nuove informazioni su un periodo cruciale della storia di Homo Sapiens: la dinamica del suo arrivo in Europa, le interazioni avute con l’Uomo di Neandertal e quando le popolazioni di queste due specie si sono sovrapposte in differenti regioni europee».

La professoressa Sahra Talamo che ha partecipato alla messa a punto dell’orologio al radiocarbonio “IntCal20”

Nuove informazioni anche sui cambiamenti climatici

La tecnica del radiocarbonio svolge un ruolo fondamentale per l’avanzamento di molti campi di ricerca. Non solo per gli archeologi, a cui offre la possibilità di datare con precisione antichissimi resti (pre)storici, ma anche ad esempio per chi si occupa di geoscienze, permettendo di ricostruire le variazioni climatiche avvenute nel corso di lunghi archi temporali e offrendo così informazioni utili per prepararsi ai cambiamenti climatici futuri.

Anelli di accrescimento annuale di un albero (Credit: Ronny Friedrich)

Per Paula Reimer, della Queen’s University Belfast (Regno Unito), che ha guidato il gruppo di ricerca internazionale «L’avvento delle datazioni al radiocarbonio ha rivoluzionato il campo dell’archeologia e delle scienze ambientali. Migliorare le curve di calibrazione ci permette di conoscere meglio la nostra storia: questo nuovo aggiornamento degli standard utilizzati sarà fondamentale per rispondere a domande cruciali sull’evoluzione del mondo in cui viviamo e sul ruolo svolto dell’uomo in questo processo».

 Il radiocarbonio? Una scoperta da Nobel

La tecnica del radiocarbonio è stata sviluppata nel 1949 da Willard Frank Libby (nella foto): una scoperta che gli valse, nel 1960, il premio Nobel per la chimica. Alla base del suo funzionamento ci sono due isotopi di carbonio: uno stabile, il Carbonio-12, e uno radioattivo, il Carbonio-14.

 

Un meccanismo “naturale”

Poiché tutti gli esseri viventi assorbono carbonio, sotto forma di CO2, questo significa che i due isotopi di Carbonio-12 e Carbonio-14 sono presenti nel loro organismo nella stessa proporzione con cui erano nell’atmosfera durante il periodo in cui sono vissuti.
Quando però un organismo muore, il processo di acquisizione di nuovo carbonio s’interrompe. A quel punto, gli isotopi stabili di Carbonio-12 restano invariati, ma gli isotopi radioattivi di Carbonio-14 iniziano un processo di decadimento di cui conosciamo con precisione i tempi.
In questo modo, quando misuriamo la quantità restante di Carbonio-14 in un campione organico possiamo determinare l’età della morte dell’organismo a cui è appartenuto.

In apertura: Differenze di datazione al radiocarbonio per Homo Sapiens e neandertaliani (Credit: Sahra Talamo)