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Neuroni intatti… 2000 anni dopo Ercolano torna a stupire

5 ottobre 2020


Neuroni perfettamente conservati nel cervello vetrificato di una vittima dell’eruzione del 79 d.C. che seppellì Ercolano, Pompei e l’intera area vesuviana fino a 20 chilometri di distanza dal vulcano.

È tutta italiana la straordinaria scoperta frutto del prestigioso lavoro dell’antropologo forense Pier Paolo Petrone, responsabile del Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense presso Medicina Legale dell’Università di Napoli Federico II, in collaborazione con geologi, archeologi, biologi, medici legali, neurogenetisti e matematici di atenei e centri di ricerca nazionali.

Un team interdisciplinare per una scoperta senza precedenti

Lo studio è stato condotto in collaborazione con il Parco Archeologico di Ercolano dai ricercatori della Federico II, del CEINGE-Biotecnologie Avanzate, delle Università Roma Tre e la Statale di Milano e del CNR.

L’eruzione, che causò la devastazione dell’area vesuviana e la morte di migliaia di abitanti, seppellendo in poche ore la città di Ercolano, ha permesso la conservazione di importanti resti biologici.
«Il rinvenimento di tessuto cerebrale in resti umani antichi è un evento insolito – spiega Petrone, coordinatore del team – ma ciò che è estremamente raro è la preservazione integrale di strutture neuronali di un sistema nervoso centrale risalente a duemila anni fa, nel nostro caso a una risoluzione senza precedenti».

Il raffreddamento delle ceneri vetrificò i corpi

La scoperta, unica nel suo genere, ha potuto contare sulle tecniche più avanzate e innovative di microscopia elettronica del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre, un’eccellenza italiana. Spiega l’ordinario di Vulcanologia Guido Giordano: «Le strutture neuronali si sono preservate perfettamente grazie alla conversione del tessuto umano in vetro, che dà chiare indicazioni del rapido raffreddamento delle ceneri vulcaniche roventi che investirono Ercolano».

In altre parole il processo di vetrificazione indotto dall’eruzione, unico nel suo genere, ha “congelato” le strutture cellulari del sistema nervoso centrale della vittima presa in esame, preservandole intatte fino ai nostri giorni.

Il Vesuvio “sotto osservazione”

Le indagini sui resti delle vittime dell’eruzione non si fermano qui. Il Parco di Ercolano ha inserito tra i temi di ricerca prioritari le indagini bioantropologiche e vulcanologiche per l’eccezionale interesse che possono avere non solo nello stretto ambito scientifico, ma anche nel campo degli studi storici e del rafforzamento della capacità di gestire catastrofi come l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

Le ricerche in corso vanno nella direzione di una ricostruzione a ritroso delle varie fasi dell’evento catastrofico, valutando i tempi di esposizione alle alte temperature e del raffreddamento dei flussi, che hanno importanza non solo per l’archeologia e la bioantropologia, ma anche per il rischio vulcanico. Queste e altre informazioni che verranno dagli studi in corso potranno offrire importanti parametri per la gestione delle emergenze nell’area vesuviana.

Francesco Sirano, direttore del Parco Archeologico di Ercolano

«Gli straordinari risultati ottenuti dimostrano l’importanza degli studi multidisciplinari condotti dai ricercatori della Federico II e l’unicità di questo sito ancora una volta sulla scena internazionale con il suo patrimonio inestimabile di tesori e scoperte archeologiche».