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Stele Lidia Fine di un'odissea giudiziaria

6 ottobre 2020


Fu trafugata dalle rovine del Tempio di Apollo Aksyros nel sito archeologico turco di Saittai, provincia occidentale di Manisa, nel 1990.
Ora, dopo 30 anni, è tornata finalmente (e con tutti gli onori) a casa. Protagonista della vicenda una straordinaria stele di marmo della civiltà Lidia (da cui il nome “Stele Lidia”) risalente al III sec.d.C.

In giro per l’Europa per approdare in Italia

Passata di mano in mano e di città in città, la Stele, ha “fatto tappa” a Zurigo e Londra (dove fu battuta in una prestigiosa asta come lapide funeraria romana) fino ad approdare in Italia, nel 1997, prima ad Arezzo e poi a Prato, dove è stata ritrovata grazie a un blitz in un negozio di antiquariato. Ora il reperto, dalle dimensioni contenute (50x 30 cm), ma dall’inestimabile pregio storico, è tornato in patria, ad Ankara, all’interno del Museo delle Civiltà Anatoliche.
Sulla stele è raccontata la storia di un Dio che punisce Melita e Makedon per aver rubato una rete da pesca e altri oggetti. I parenti dei due furfanti, disperati, chiedono aiuto ad Apollo Aksyros, donando al tempio intitolato al dio la stele in questione.

L’iter giudiziario

È una lunghissima vicenda legale quella che ha riguardato la Stele Lidia. Ci sono voluti infatti ben 23 anni, dal momento in cui le forze dell’ordine italiane trasmisero la prima lettera relativa al reperto archeologico al Ministero turco  presso il Dipartimento Europol. Si chiedeva se la Stele ritrovata durante un’incursione in un negozio di un antiquario italiano, a Prato, fosse appartenuta al periodo lidio e se fosse originaria della Turchia.

Il Ministero dell’Interno trasmise immediatamente la nota al Ministero della Cultura che, attraverso la consulenza di due emeriti studiosi Sencer Şahin e Hasan Malay, dichiarò con entusiasmo che non c’erano dubbi: l’origine della Stele era anatolica, era stata prelevata illegalmente dal santuario di Apollon Aksyros negli anni Ottanta a seguito di scavi clandestini e poi immessa sul mercato nero.

Accuse respinte… «l’ho acquistata in buona fede»

Prontamente l’antiquario in questione, a cui nel frattempo era stato sequestrato il bene, respinse ogni richiesta di restituzione definitiva dell’opera, sostenendo che si trattava di un’acquisizione in buona fede. Durante il processo, con numerose udienze, il ministero turco si appellò alla Legge sulla protezione dei beni culturali della Convenzione UNESCO del 1970 che sancisce il divieto d’importazione, esportazione e trasferimento illegale del patrimonio culturale  nel quadro delle leggi italiane.
Non fu sufficiente: nel 2012, nella sentenza di primo grado, il tribunale decise di restituire l’opera all’antiquario italiano.
Seguì l’immediato ricorso da parte del ministero turco.

Nuove prove…. quelle definitive

È il 2018 quando il tribunale italiano decide per un ricorso in appello.
L’opera nel frattempo è custodita presso il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Firenze.
La Turchia ha raccolto nuove (schiaccianti) prove riportate nero su bianco in un dossier di 1100 pagine.
Il 18 novembre 2019 la Corte di appello emette il verdetto: l’opera è di proprietà della Repubblica di Turchia, può finalmente tornare a casa.

La Stele Lidia mentre viene rimpatriata con un volo Roma – Istanbul. Ad accompagnarla Riza Haluk Soner, Consigliere per la Cultura e il Turismo dell’Ambasciata di Turchia in Italia. Il viaggio poi è proseguito verso Ankara dove il Ministro della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia, Mehmet Nuri Ersoy, ha presentato alla stampa e al pubblico il reperto con una solenne cerimonia presso il Museo delle Civiltà Anatoliche di Ankara (foto sotto)

Una stele e due furti

Si legge sul reperto: «Nell’anno 300 (anno 215/6 d.C. – ndr), il 12° giorno del mese Xandicus, Melite e Macedonia rubarono la rete di Eia e altri oggetti; per questo atto furono puniti da Dio. I loro genitori consultarono Apollo Aksyros per la loro salvezza e decisero di offrire una stele con una dedica di gratitudine».
Con questa dedica la madre e il padre dei due ladruncoli chiedevano perdono al dio Apollo per il furto commesso dai loro figli.
Duemila anni dopo proprio quella stele sarebbe stata rubata…