News

Ecco i più antichi bevitori Le prove (a Ferrara)

30 ottobre 2020


La bevanda più amata

Si cercavano da tempo. Alla fine prove del più antico consumo di vino in Italia, 3500 anni fa, sono emerse in uno scavo diretto dal professor Massimo Vidale del Dipartimento beni culturali dell’Università di Padova .
«Lo scavo – spiega lo stesso Vidale – è quello della Terramara di Pilastri (circa 1600-1300 a.C.), presso Bondeno (Fe), dove operiamo dal 2016 operiamo.

Additivi di un tempo che fu

«Le analisi gascromatografiche effettuate da Alessandra Pecci (Università di Barcellona) dimostrano che più di un terzo dei frammenti di vasi di Pilastri finora esaminati contengono tracce dei biomarcatori del vino tra cui l’acido tartarico, il succinico e il maleico; abbiamo scoperto inoltre che in alcuni casi il vino conteneva tracce di zolfo e resina di pino.«Lo zolfo potrebbe essere stato aggiunto come antifermentativo della bevanda, oppure essere stato usato per sterilizzare i contenitori; la resina per impermeabilizzare le parti interne dei vasi.

Anche l’aceto per conservare

«D’altra parte, allo stato attuale delle conoscenze non è possibile distinguere le tracce residue di vino da quelle dell’aceto, che potrebbe essere stato usato come bioconservativo per pesce, carne e verdure al posto del sale, molto più costoso perché doveva essere importato dalle zone costiere. I vasi usati per il vino sono tazze per bere, ma anche dei grandi bacini con capacità fino  a quaranta litri, il che presuppone una vinicoltura non episodica».

Conclude il Professor Massimo Vidale: «Queste nuove informazioni − assieme ad analoghe evidenze ottenute dallo scavo del sito contemporaneo di Canale Anfora, presso Aquileia, scavato da Elisabetta Borgna dell’Università di Udine  − il quadro delle ricerche paleobotaniche, le quali per lo stesso periodo indicano un intensificato sfruttamento della vite, anche se non è ancora chiaro lo status pienamente domesticato o meno della pianta».