Come si distrugge l’Agro romano Futuro del passato

Archeologia Viva n. 1 – settembre/ottobre 1988
pp. 67-69

di Lorenzo Quilici

Un’indagine sulla gestione del patrimonio archeologico nel territorio di Roma

Alla fine del 1986 e nel corso del 1987, davanti all’evidente e intollerabile degrado in cui era venuta a trovarsi la città di Roma, l’autorità giudiziaria è intervenuta a più riprese con una serie di indagini. Tra le diverse indagini tecniche svolte in questa occasione, è stata richiamata l’attenzione della magistratura stessa sulle condizioni dei monumenti antichi in quel territorio attorno alla città, sul quale si esercita attualmente l’espansione urbana.

Ritengo utile rendere noto il risultato di tale indagine, che ho svolto personalmente nell’ambito di una vasta perizia condotta assieme agli architetti I. Insolera e G. Tamburini su incarico del Pretore A. Albamonte, volta ad accertare l’impatto che gli usi pubblici producono sulle zone di pregio storico e monumentale della città di Roma, riportandone il testo integralmente (Pretura Unificata di Roma).

La Campagna Romana, ancora 20 o 30 anni fa, era piena di monumenti antichi che rendevano il territorio non meno ricco e suggestivo della città vera e propria. Contrariamente infatti al preconcetto che generalmente si ha della città murata come limite tangibile di uno spazio urbano tutto monumenti e storia, oltre il quale il territorio è solo campagna più o meno coltivata, Roma antica, nei secoli tra i più fulgidi della sua storia edilizia, da Cesare ai Severi, non ebbe tale delimitazione, ma si presentava come una città aperta dove l’abitato si allargava sconfinato stremperandosi nel territorio senza limiti precisi.

Per questo la Campagna Romana, divenuta quasi deserta in età medievale e moderna, pure conservava un numero impressionante di presenze monumentali, per le quali è andata famosa nei secoli passati e lo è ancora ai nostri giorni. […]