Il risveglio del Gigante Dentro lo scavo

Archeologia Viva n. 1 – settembre/ottobre 1988
pp. 62-66

di Guido Vannini

Il restauro del colossale Appennino ha offerto l’occasione per un’indagine archeologica che ha chiarito le complesse vicende strutturali del monumento

L’esteso, radicale rinnovamento di metodo che ha caratterizzato lo sviluppo recente della scienza archeologica è dovuto molto più che ad un semplice aggiornamento tecnico, magri allo scopo di utilizzare strumenti o strategie mutuati da altre discipline o settori di ricerca.

In fondo tale rinnovamento non è dovuto neppure ad una semplice razionalizzazione di procedure nelle indagini stratigrafiche, come sul territorio, ad esempio, in vista di una migliore comunicazione fra i vari operatori sul campo o con cultori di altre discipline, peraltro sempre più interessati ai risultati scientifici della ricerca archeologica.

Esso è piuttosto causato dall’emergere di una serie di nuovi scopi di fondo della disciplina stessa. In una parola è la prospettiva storica, che si è venuta affermando come obiettivo fondamentale, che ha spinto a ridefinire metodi e strumenti per un’archeologia intesa come settore specifico di interesse storico per il quale si avvertiva la necessità di costruire una propria fonte: la documentazione materiale.

Uno degli esiti prodotti da tale ampia, si potrebbe dire, riformulazione della strategia e della ricerca europea è ad esempio costituito da un nuovo approccio nell’esplorazione delle aree monumentali.

Il caso che qui presentiamo, quale esemplificazione concreta di tale specifico settore di ricerca e delle relative peculiarità anche metodologiche, si riferisce a un’indagine stratigrafica condotta nell’area del “Gigante Appennino”, statua innalzata nel 1579-80 dal Giambologna nell’ambito della realizzazione buontalentiana del parco e della villa di Pratolino, presso Firenze, residenza per il Granduca Francesco I dei Medici. […]