A tavola con gli Etruschi Vita quotidiana degli antichi

Archeologia Viva n. 1 – settembre/ottobre 1988
pp. 26-31

di Gabriella Barbieri

Contrariamente a quanto avviene per la cucina romana, ben nota attraverso veri e propri ricettari giunti fino a noi, le fonti antiche non offrono indicazioni sul menù degli Etruschi

Solo con i documenti archeologici possiamo ricostruirne le abitudini alimentari

A differenza di quanto avviene per la cucina romana, ben nota attraverso veri e propri ricettari di quei tempi giunti fino a noi, che ci permettono di conoscere anche nei minimi particolari raffinati e complicati piatti in uso, tornati oggi di moda, le fonti antiche non offrono indicazioni di alcun genere sulla cucina etrusca; solo indirettamente, attraverso la documentazione archeologica, possiamo tentare di ricostruire per quel che è possibile le abitudini alimentari di quel popolo.

I prodotti della terra, come è ovvio, hanno avuto certamente una parte notevolissima nell’alimentazione degli Etruschi: cereali, legumi, ortaggi dovevano costituire il piatto forte, almeno sulla tavola delle classi meno agiate. L’agricoltura ebbe del resto in Etruria uno sviluppo eccezionale, secondo quanto ci informano gli autori latini che più volte mettono in risalto le fecondità dei campi e l’impegno dimostrato dai contadi etruschi nel miglioramento della produzione.

L’introduzione assai precoce del sistema di coltivazione alternate nei campi e lo sviluppo dell’attrezzatura agricola, in particolare dell’aratro – per trainare il quale vennero presto utilizzate coppie di buoi, come vediamo raffigurato nel carrello ritrovato a Bisenzio, già nell’VIII sec. a.C. – contribuirono sensibilmente a un incremento della produzione agricola in Etruria.

I numerosi tratti di cunicoli scavati nel tufo, ancor oggi visibili, facenti parte di complicati sistemi di opere idrauliche e presenti un po’ ovunque, sono il segno tangibile dell’attenzione e della cura che gli Etruschi ebbero nel risolvere i problemi di deflusso delle acque nella campagna. Valga tra tutti l’esempio ben noto di Veio con la sua rete capillare di cunicoli che si sviluppa per una lunghezza di circa trenta chilometri.

Oltre alle coltivazioni di cereali come orzo, avena grano, farro, dall’inizio del VII sec. a.C. iniziò in Etruria la coltivazione intensiva della vite e non molto tempo dopo anche l’olivicoltura.

Pur essendo in queste zone già noti in forme selvatiche sia la vite sia l’olivo fin dal II millennio a.C., è soltanto ora che la produzione di vino e olio, destinati ad essere esportati nel Tirreno via mare in anfore da trasporto, prodotte soprattutto nell’area vulcente e ceretana. […]