Gobustan. Un laboratorio sulla roccia Tra Asia ed Europa

Archeologia Viva n. 205 – gennaio/febbraio 2021
pp. 52-61

di Dario Sigari, Marcos García Diez, Sevinc Shirinli, Rahman Abdullayev, Blanca Ochoa-Fraile e Manuel Vaquero

In un mondo preistorico che non conosceva confini il patrimonio d’arte rupestre di questa regione dell’Azerbaijan ci offre la testimonianza di un mondo scomparso e sorprendentemente correlato dove si sono attivati i processi di elaborazione del pensiero e del linguaggio formale che contraddistinguono la nostra specie

Là dove il grande Caucaso degrada verso il Caspio, in un’area semidesertica dell’Azerbaijan, si trova la “terra dei fiumi asciutti”, il Gobustan, con la sua imponente concentrazione di arte rupestre preistorica. Siamo sessanta chilometri a sud della capitale Baku.

Il territorio è punteggiato da bassi rilievi con pendii segnati da terrazzi, evidente effetto dell’azione marina dovuta ai moti di regressione e trasgressione del Caspio (i fossili di molluschi bivalve incastonati nelle rocce ci dicono che questo mare in alcuni momenti ha coperto l’intera regione).

Le estese formazioni calcaree dell’area sono state cave di materiali da costruzione fino agli scorsi anni Trenta, quando sulle rocce vennero riconosciuti i primi segni incisi lasciati dall’uomo.

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