Archeologia Viva n. 2 – novembre/dicembre 1988
pp. 74-75
di Antonio Guerreschi
Ecco come si è operato in alcuni importanti scavi preistorici per ottenere la migliore documentazione possibile delle paleosuperfici
Lo scavo, come ben si sa, è distruzione. Per ridurre al minimo i danni di questa azione “sconsiderata” è necessario eseguire un rilevamento dei dati e delle superfici quanto più possibile esatto.
Le metodologie a disposizione sono diverse: dal rilevamento manuale con quadrettatore al rilievo in scala 1:1 realizzato su un foglio di materiale plastico trasparente, dal rilievo fotogrammetrico sino alle tecniche sperimentali che prevedono l’utilizzo del computer.
Attualmente la tecnica più usata è quella di rilevamento manuale, i cui risultati sono troppo influenzati dalla abilità dell’operatore, e che in molti casi risente della mancanza di attrezzature adeguate (senza considerare i tempi di esecuzione richiesti).
Il sistema migliore attualmente in uso è quello fotogrammetrico, che consente di ottenere una grande precisione e al contempo di utilizzare le stampe fotografiche per un’analisi stereoscopica (visione di rilievo) della superficie in esame.
I limiti di questa tecnica sono nel costo del personale e delle apparecchiature e nei tempi lunghi tra la fase di ripresa e l’elaborazione del materiale fotografico; questo aspetto impone talvolta ritmi differenziati nell’esplorazione di un’area di scavo. […]