Pantelleria: le stelle stanno a guardare Futuro del passato

Archeologia Viva n. 2 – novembre/dicembre 1988
p. 73

di Giuseppe Claudio Infranca

Allarme per il grave degrado del patrimonio archeologico dell’isola espressione di una fiorente civiltà legata al commercio dell’ossidiana

Le testimonianze neolitiche sull’isola di Pantelleria hanno lasciato segni inequivocabili di una civiltà di notevole importanza: architetture maestose, tracce di un assetto funzionale del territorio e di un vitale commercio dell’ossidiana. La mancanza di studi appropriati negli ultimi decenni e il degrado che si è voluto imporre all’isola possono definirsi, dunque, veri e propri delitti.

In particolare è disastrosa la situazione nella zona di Mursia e nelle altre aree ricche di reperti di epoca neolitica. Nella zona archeologica scoperta da Paolo Orsi nel secolo scorso è avvenuto di tutto: dalla scomparsa di più di venti sesi, i sepolcri neolitici, allo stravolgimento ambientale a causa di una cava di pietrame.

Dopo la scoperta di Orsi la zona continuò a essere utilizzata per l’agricoltura. Nel periodo del ventennio fascista e in preparazione al secondo conflitto mondiale, la zona di Mursia-Cimillia diventa un’area d’interesse militare: vengono piazzate batterie di artiglieria, depositi e strutture belliche.

Nel secondo dopoguerra su Pantelleria si concentrano interessi e attenzioni turistiche rilevanti e la zona archeologica entra nell’occhio del ciclone.

L’arido altopiano lavico viene sfruttato come attrazione turistica, il terreno non adatto alle coltivazioni viene venduto a poco prezzo e la speculazione fondiaria attua i primi piani d’intervento.

I sesi a spirale, vengono smontati e i conci utilizzati per i prospetti dei nuovi “dammusi”. Fili elettrici e telefonici, sono collocati in tutta l’area archeologica della città neolitica e nella zona cimiteriale dell’antico popolo. […]