Il relitto fantasma Sui fondali di Montecristo

Archeologia Viva n. 2 – novembre/dicembre 1988
pp. 58-62

di Mensun Bound

Fra II e III secolo un nave romana naufraga a Montecristo sulla rotta che collegava Gallia e Italia centrale

I subacquei della Oxford University al lavoro sulle esili tracce rimaste dopo anni di saccheggi

Giugno 1977. Un gruppo di sommozzatori svizzeri noleggia il “Fieramosca”. L’imbarcazione è attrezzata per le attività subacquee: destinazione Montecristo. Durante una delle tante immersioni il gruppo vede spuntare dalla sabbia dei fondali al largo di Punta del Diavolo diverse file di colli d’anfora.

La notizia non tarda a diffondersi e un subacqueo della vicina isola d’Elba comincia a saccheggiare metodicamente il relitto. Una traversata finisce male: la tempesta di maestrale affonda la piccola barca che viene ritrovata piena di anfore. Il subacqueo finisce per qualche tempo in manette.

Poco tempo dopo l’Isola di Montecristo viene chiusa al traffico privato. Passano alcun anni e il “Fieramosca” viene noleggiato dal subacqueo inglese Reg Vallintine, al quale Rudy De Belgeonne, comandante della nave, racconta del relitto di Montecristo. Vallintine si prende cura di informarmi che sta scavando sul relitto etrusco della Baia di Campese, al Giglio.

I successivi incontri con il signor De Belgeonne e con Silvia Ducci, ispettore della Soprintendenza Archeologica della Toscana, portano alla conclusione che i fondali di Montecristo meritano una accurata ricognizione.

La prima campagna viene organizzata per l’agosto 1985: sette sommozzatori della Oxford University Mare si tuffano dalla nave “Antalya” al largo della Punta del Diavolo.

I giorni passano senza che venga avvistato nessun relitto, ma proprio durante le ultime fasi di lavoro viene trovato il collo di un’anfora tipo “Pelichet 47”, a 200 metri dalla punta.

De Belgeonne conferma che si tratta dello stesso tipo di anfora recuperato in quel tratto di mare nell’ormai lontano 1977. A questo punto siamo sicuri di trovarci sul relitto che cerchiamo. […]