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Pompei sul Carro “della legalità”…

1 marzo 2021


Meraviglia e stupore

Si deve al Protocollo d’Intesa del 2019 tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata per contrastare le attività illecite a opera di clandestini, il “salvataggio” del nuovo straordinario reperto le cui immagini hanno già fatto il giro del mondo. E chissà se tombaroli e furbetti dell’archeologia si stanno già mangiando le mani per non potercele aver messe loro per primi…

Al centro della scoperta è un grande carro cerimoniale a quattro ruote, con i suoi elementi in ferro, le bellissime decorazioni in bronzo e stagno, i resti lignei mineralizzati, le impronte degli elementi organici (dalle corde a resti di decorazioni vegetali). Il reperto è quasi integro nel contesto di una villa suburbana in località Civita Giuliana, a nord di Pompei, oltre le mura della città antica; per la precisione nel porticato antistante alla stalla dove già nel 2018 erano emersi i resti di tre equidi, tra cui un cavallo bardato.

Una novità assoluta

Un ritrovamento eccezionale, non solo perché aggiunge un elemento in più alla storia di questa dimora, al racconto degli ultimi istanti di vita di chi abitava la villa, e più in generale alla conoscenza del mondo antico, ma soprattutto perché restituisce un reperto unico – mai  rinvenuto prima in Italia – in ottimo stato di conservazione.

Contrasto alla criminalità

Gli scavi, che hanno permesso di verificare anche l’estensione dei cunicoli dei clandestini (con una rete di tunnel a oltre cinque metri di profondità) e i danni perpetrati al patrimonio, sono stati accompagnati costantemente da attività di messa in sicurezza e restauro di quanto emerso via via.

Sei metri sotto terra

Gli interventi hanno richiesto un’attenta pianificazione da parte di un team interdisciplinare che ha coinvolto archeologi, architetti, ingegneri, restauratori, vulcanologi, operai specializzati ma anche, man mano che lo scavo procedeva, archeobotanici e antropologi. Si è quindi proceduto a uno scavo che ha raggiunto i sei metri di profondità rispetto al piano stradale.

Un delicato (micro)scavo

Il carro si è rivelato particolarmente complesso per la fragilità dei materiali e le difficili condizioni di lavoro; si è quindi dovuto procedere con un vero e proprio microscavo condotto dalle restauratrici del Parco specializzate nel trattamento del legno e dei metalli.

Parallelamente, ogni volta che si rinveniva un vuoto, è stato colato del gesso per tentare di preservare l’impronta del materiale organico non più presente. Così si è potuto conservare il timone e il panchetto del carro, ma anche impronte di funi e cordami, restituendo il carro nella sua complessità. Terminato il microscavo in situ, attualmente i vari elementi del carro sono stati trasportati in laboratorio all’interno del Parco archeologico di Pompei, dove le restauratrici stanno  completando la rimozione del materiale vulcanico che ancora ingloba alcuni elementi metallici e a iniziare i lunghi lavori di restauro e ricostruzione del carro.

In cosa è diverso da tutti gli altri

Su alte ruote in ferro, connesse tra loro da un sistema meccanico di avanzata tecnologia, si erge il leggero cassone (0.90 x 1.40 m), parte principale del carro, su cui era prevista la seduta, contornata da braccioli e schienale metallici, per uno o due individui.  Il cassone è riccamente decorato sui due lati lunghi con l’alternanza di lamine bronzee intagliate e pannelli lignei dipinti in rosso e nero, mentre sul retro termina con un complesso e articolato sistema decorativo che prevede tre distinti registri con una successione di medaglioni in bronzo e stagno con scene figurate.

Era usato per le cerimonie

Dichiara Massimo Osanna, direttore uscente del Parco archeologico: «A Pompei sono stati ritrovati in passato veicoli per il trasporto, come quello della casa del Menandro, o i due carri rinvenuti a Villa Arianna (uno dei quali si può ammirare nel nuovo Antiquarium stabiano), ma niente di simile al carro di Civita Giuliana. Si tratta infatti di un carro cerimoniale, probabilmente il Piletum noto dalle fonti, utilizzato non per gli usi quotidiani o i trasporti agricoli, ma per accompagnare momenti festivi della comunità, parate e processioni».

Un precedente in Grecia

«Mai emerso dal suolo italiano, il tipo di carro trova confronti con reperti rinvenuti una quindicina di anni fa all’interno di un tumulo funerario della Tracia (nella Grecia settentrionale, al confine con la Bulgaria). Uno dei carri traci è particolarmente vicino al nostro anche se privo delle straordinarie decorazioni figurate che accompagnano il reperto pompeiano». Le scene dei medaglioni che impreziosiscono il retro del carro rimandano all’eros (Satiri e ninfe), mentre le numerose borchie presentano eroti. Considerato che le fonti antiche alludono all’uso del Piletum da parte di sacerdotesse e signore, non si esclude che potesse trattarsi di un carro usato per rituali legati al matrimonio, per condurre la sposa nel nuovo focolare domestico».