Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 162 – novembre/dicembre 2013

di Piero Pruneti

Era bella o brutta Cleopatra? La domanda non è banale come sembra. Essendo stata una donna a entrare a gamba tesa nei durissimi scontri politici e militari che caratterizzarono la fase finale della Roma repubblicana, si è sempre discettato con chiara tendenziosità maschilista sulla straordinaria avvenenza della regina d’Egitto. E certamente la discussione in tal senso non finirà con la ben documentata mostra in corso al Chiostro del Bramante.

Il fatto è che, a partire dagli storici antichi, in una donna di potere si è sempre preferito sottolineare le capacità di adescamento anziché le abilità politiche, ritenute appannaggio del sesso “forte”.

Secondo un radicato luogo comune Cleopatra fu così irresistibile da sedurre prima Cesare, poi da far perdere la testa a Marco Antonio e infine da provarci con Ottaviano. Ma ci rendiamo conto chi erano questi uomini?

Generali abilissimi e spregiudicati che con ogni mezzo si contesero l’impero avrebbero interagito con l’ultima erede della civiltà faraonica solo per il suo fascino esotico?

Per quanto la carne dell’uomo – e della donna – possa essere stata debole anche nell’antichità, non c’è da credere che un incantesimo d’amore abbia condizionato i massimi giochi politici dell’Urbe.

Cleopatra VII doveva avere ben altre frecce nel suo arco che quelle di un’avvenenza irresistibile e senz’altro ne fece uso amministrando la politica estera del suo Paese – di fatto già vassallo di Roma – in maniera dirompente e aggressiva nei confronti della superpotenza che si stava mangiando tutto, agendo nell’unico modo che le era possibile: utilizzare, a vantaggio suo e della terra dove i suoi avevano regnato per tre secoli, le rivalità e i giochi di potere dei grandi dell’epoca, che con eccezionale lucidità essa aveva saputo intercettare. Senz’altro la sua ambizione fu superiore alle reali possibilità di successo. Ma questa è un’altra storia. Credo che della eventuale bellezza di Cleopatra si possa fare a meno di discutere, non altrettanto della sua intelligenza.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”