Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 206 – marzo/aprile 2021
di Piero Pruneti

È un quesito che gli archeologi preistorici inseguono da tempo. Neandertaliani e Sapiens, che in Europa convissero per migliaia di anni finché la nuova specie arrivata dall’Africa non soppiantò gli antichi colonizzatori, quali tipi di rapporti ebbero? Perché è inevitabile che si siano incontrati, anche se all’epoca gli spazi liberi non mancavano.

In passato si è pensato ai Sapiens come a una sorta di razza pura, così diversa dai Neandertaliani da rendere impensabile ogni forma di interazione, a partire da quella sessuale, come se gli uomini moderni avessero collocato i propri cugini, con quelle fattezze a dir poco sgraziate, in una sottospecie indesiderabile.

Poi gradualmente è venuto fuori quello che era ovvio: le due specie, pur vivendo separate – fin quando e per quanto fu possibile – nei propri territori di sopravvivenza, non sfuggirono alle leggi della vita e sembra che non siano mancati momenti di ibridazione, cioè maschi che non guardavano tanto in faccia accoppiandosi con femmine dell’altra specie e viceversa. Così sangue Neandertal passò in sangue Sapiens, e ancora una volta si estinse il mito della razza pura.

Ma, si dirà, rimane indiscutibile la nostra superiorità intellettiva e tecnologica, tant’è che i “rozzi” Neandertal alla fine si sono estinti e chi vince ha sempre ragione. Questo sembra vero. Il punto è capire quanto l’interazione si sviluppò anche sul piano culturale. Insomma, i cugini avevano preso gusto solo a qualche piacevole scambio di DNA o ci furono rapporti più strutturati che portarono a un travaso anche di mentalità e tecnologie? La contaminazione ci fu a tutti i livelli? E di quale intensità stiamo parlando?

Qui le indagini si fanno anche più complicate, in quanto non sono così strumentalmente misurabili. Occorre cercare con metodologie – e mentalità – più attente negli strati dei siti preistorici, soprattutto in quelli di “confine” fra il tramonto di una specie e la completa affermazione dell’altra. L’articolo di Peresani & Delpiano è un contributo fondamentale per capire com’è andata.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”