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Colosseo: ecco come sarà con la nuova copertura

3 maggio 2021


L’ambizioso progetto per la realizzazione dell’arena del Colosseo è stato affidato allo studio veneziano-milanese Milan Ingegneria a seguito del bando di gara del dicembre scorso. Sarà realizzato entro il 2023.
Nell’immagine (sotto) una ricostruzione di come apparirà il monumento con la copertura totale dell’arena.

Un progetto che divide

Vi proponiamo a seguire il contributo di Giuliano Volpe, ordinario di Archeologia all’Università di Bari e già presidente del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici, tra i primi a sostenere il progetto. Pubblichiamo anche l’opinione di Sergio Rinaldi Tufi, già docente all’Università di Urbino, che sintetizza le posizioni critiche.

Giuliano Volpe: i perché del sì 

L’idea fu lanciata nel 2014 da Daniele Manacorda in un breve articolo. Fu poi mia la responsabilità (secondo alcuni la “colpa”), allora in qualità di presidente del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici, di illustrare la stessa idea al ministro Dario Franceschini, che ne rimase folgorato da subito.

Dalla teoria alla fattibilità

Ora è stato finalmente presentato il progetto, preferito tra gli undici visionati da una commissione qualificata, della quale hanno fatto parte vari studiosi e specialisti (Salvatore Acampora, Alessandro Viscogliosi, Stefano Pampanin, Michel Gras e Giuseppe Scarpelli). Le soluzioni adottate sembrano molto raffinate e innovative, anche sotto il profilo tecnologico, oltre che esteticamente gradevoli, a conferma della notevole capacità progettuale italiana nel campo del patrimonio culturale.

Tecnologico e sostenibile

Il pavimento sarà in legno, 24 unità meccaniche che consentono un completo ricambio di aria in soli trenta minuti garantiscono un efficace sistema di ventilazione. La possibilità di coprire e scoprire gli ambienti sotterranei (guarda il video)  attraverso lo scorrimento lungo i binari di listelli di legno posti di taglio o di piatto, offre flessibilità e consente anche di superare alcuni dei timori espressi da qualche critico.

Levata di scudi

Le critiche finora presentate da varie parti sono state, com’era prevedibile, numerose, alcune delle quali anche legittime e condivisibili; possono essere riassunte così:
1. I locali sotterranei fanno parte ormai della percezione e della visione storicizzata del monumento.
2. La copertura potrebbe danneggiare le strutture ipogeiche.
3. Non si potranno più osservare i locali ipogeici dall’alto.
4. Ci sono strutture tardoantiche poste a una quota più alta la cui conservazione potrebbe essere problematica.
5. In realtà si vuole realizzare l’arena per organizzare spettacoli e manifestazioni, con il rischio di “mercificazione” del Colosseo.
6. Ci sono ben altre esigenze, per cui utilizzare 18,5 milioni per questo progetto è uno spreco.

Ma… tutto cambia

All’obiezione 1 si può rispondere che un monumento è un organismo vivo, le cui funzioni cambiano molto nel corso del tempo; non è pensabile che non si possano apportare modifiche, alla luce delle esigenze e anche degli inevitabili, e positivi, cambiamenti di idee e visioni culturali, ovviamente sempre nel rispetto delle esigenze di tutela.

Il Colosseo è stato tante cose nel corso dei secoli: luogo per spettacoli gladiatori, monumento in abbandono in età tardoantica e altomedievale, occupato da abitazioni sistemate nei corridoi anulari, poi tra XII e XIII fortezza della famiglia Frangipane, cava per recuperare materiali per costruire San Pietro, luogo di culto, sede di una cappella e delle edicole della Via Crucis.

La copertura proteggerà gli scavi

Furono gli scavi archeologici ottocenteschi che portarono al disseppellimento degli ambienti ipogei. Quindi quei locali, inizialmente pensati per essere coperti, solo in tempi relativamente recenti sono stati portati alla luce del sole, per effetto degli scavi archeologici, per decenni esposti alle intemperie e a un grave processo di degrado, con umidità, muffe, parassiti e altri agenti patogeni.

La copertura semmai li proteggerà (contrariamente a quanto pensano coloro che avanzano la critica al punto 2), come si può verificare in quella parte già coperta anni fa dal soprintendente Adriano La Regina, che ricostruì una piccola porzione della pavimentazione dell’arena.

Ipogei da riscoprire

La soluzione dei listelli di legno girevoli e scorrevoli non solo garantisce una notevole circolazione d’aria negli ambienti sotterranei ma consente anche di poterli osservare dall’alto come accade ora (punto 3): mi auguro, però, che i visitatori possano scendere negli ipogei per visitarli direttamente, avendo una migliore percezione di quegli spazi, coperti, bui, un tempo popolati da gladiatori, belve, schiavi, personale addetto all’allestimento dei giochi, medici..

I pannelli di legno scorrevoli previsti per la copertura

Una visita in soggettiva

Con questo progetto sarà possibile camminare sulla pavimentazione nel cuore del Colosseo: una sensazione impagabile per percepire la maestosità del monumento, con gli occhi di chi si esibiva nell’arena e non solo con quelli del pubblico che li seguiva dall’alto.

Il pavimento, insomma, restituisce al monumento una possibilità di comprensione per tutti, non solo agli specialisti. Non conosco ancora nei dettagli il progetto, ma immagino che la pavimentazione sia stata ideata in modo da non danneggiare anche le murature più tarde (punto 4); in caso contrario, si dovrà trovare una soluzione in fase attuativa.

Valorizzato e protetto

Alle ultime due obiezioni non è semplice rispondere, perché in realtà sono quelle più sollecitate da posizioni ideologiche. Pensare che sia un errore destinare risorse certamente significative (relative peraltro a uno specifico fondo destinato solo a grandi progetti strategici) a un monumento simbolo dell’Italia nel mondo, il più visitato in assoluto, per renderlo meglio comprensibile, più protetto e ancor più fruibile, mi sembra alquanto miope.

Quanto ai possibili usi, posso solo auspicare che sia il Parco a decidere gli eventuali programmi di iniziative culturali da ospitare: credo che l’unico vero vincolo debba essere la tutela fisica del monumento, per cui ogni iniziativa dovrebbe essere compatibile con questa irrinunciabile esigenza.

Non più solo “da cartolina”

Auspico che, come ha sottolineato Manacorda, più che un’arena si realizzi una “piazza”, un po’ com’era nel Medioevo, quando la platea communis era viva e vitale. Spero, cioè, che questa nuova configurazione del Colosseo non sia funzionale solo al turismo di massa ma anche e soprattutto al riavvicinamento dei cittadini, dei romani, immaginandolo come un nuovo spazio urbano di produzione e fruizione culturale.

Giuliano Volpe
ordinario di Archeologia all’Università di Bari
già presidente Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici


Sergio Rinaldi Tufi: i perché del no

Sul fronte opposto si pone l’archeologo Sergio Rinaldi Tufi che già prima dell’approvazione del progetto avanzava domande “scomode” al direttore del Parco del Colosseo, Alfonsina Russo. Ecco a seguire alcuni degli interrogativi più “stringenti”:

  1. I sotterranei dell’arena, oggi ben visibili (e di recente attentamente studiati da una missione dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma), come saranno fruibili quando saranno coperti? Quell’estesa rete di corridoi, ambienti, alloggiamenti per ascensori come reggeranno l’“impatto” di un’arena nuova?
  2. In ogni caso, sarà sottratta ai visitatori la visuale diretta “dall’alto” del più grande “backstage” o “dietro le quinte” (anzi “sotto la scena”…) del mondo antico. Volendo vivacizzare la situazione, si poteva puntare sulle luci come ha fatto da anni Piero Angela con Paco Lanciano al Foro di Augusto, “evidenziando” man mano i vari ambienti (qui i gladiatori aspettavano il loro turno… qui le belve… qui gli ascensori che le facevano salire all’arena…). Fruizione efficace e relativamente semplice, mentre ora per la visita dei sotterranei che ridivengono sotterranei bisognerà dispiegare prodigi di tecnologia, di comunicazione e didattica.
  3. Che cosa si farà sopra l’arena? Alcuni archeologi, anche illustri, hanno parlato di gare di lotta greco-romana o (ancor peggio) di «ogni possibile evento della vita contemporanea». Sarà un bene restare in questa dimensione, e che le “grandi adunate” sia meglio lasciarle all’esterno, dove oltretutto c’è molto più spazio…?

    Sergio Rinaldi Tufi

    già docente di Archeologia delle province romane all’Università di Urbino