Incontro con Fabio Martini La voce della storia

Archeologia Viva n. 160 – luglio/agosto 2013
pp. 78-80

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«Un essere che cammina su due gambe comincia a produrre oggetti: ecco l’umanità»

«L’uso del fuoco cambiò la vita nelle grotte»

«È dimostrato che i paleolitici si prendevano cura dei disabili»

«Ma per la dimensione religiosa dobbiamo aspettare le soglie della storia»

«Il popolamento della Penisola avvenne da nord verso sud»

Folgorato sulla via di Damasco… Così si definisce Fabio Martini, ordinario di Paletnologia presso l’Università di Firenze. Come succede quasi a tutti, non ha fatto da grande quello che pensava da piccolo. Fu irresistibile l’entusiasmo di un ventenne affascinato dalle origini e dall’evoluzione della nostra specie.

Così eccoci qui a parlare, quasi mezzo secolo dopo, nel chiostro dell’ex monastero rinascimentale delle Oblate a Firenze, dove fra molte istituzioni culturali della città ha sede anche il Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria, di cui Fabio Martini è l’attuale direttore. Si sente che il professore aveva iniziato con studi classici prima di sporcarsi le mani con la terra nei ripari paleolitici. Lo si avverte nella forma mentis che gli impone di non perdere mai di vista la “ricostruzione” dei nostri lontanissimi antenati, negli aspetti antropologici e tecnologici, ma anche, con particolare attenzione, sotto il profilo culturale, inteso come capacità di produrre pensieri e non solo manufatti.

Cosa difficilissima quando si ha a che fare solo con delle schegge di pietra e, nel migliore dei casi, con qualche pezzo d’osso: «Non possiamo correre il rischio di lasciarci sopraffare dai metodi e dalle tecnologie avanzatissime dell’indagine preistorica perdendo di vista il fine ultimo della nostra ricerca, che è la comprensione di questa umanità che ci ha preceduto per milioni di anni trasmettendoci i “fondamentali” della nostra esistenza, mentre noi stiamo vivendo la nostra frazione infinitesimale di tempo… ».

Settori privilegiati della sua ricerca sono le culture del Paleolitico e del Mesolitico, le produzioni litiche, l’arte dei popoli cacciatori-raccoglitori. Fabio Martini conduce scavi in Italia, soprattutto nel centro-sud. Sua è la direzione delle ricerche nella famosa Grotta del Romito in Calabria (vedi: AV n. 146) dove ha avuto un grande predecessore, Paolo Graziosi, che vi iniziò scavi sistematici nel 1961. E poi all’estero, in Africa (Eritrea e Sudan), nella culla dell’umanità, meta inevitabile di ogni paletnologo che si rispetti.

D: Alla luce delle conoscenze di cui disponiamo, quali sono i quesiti irrisolti per quanto riguarda la formazione del genere Homo?

R: Il problema è decidere cosa definiamo con genere Homo e cosa con Australopiteco, l’antenato certo della nostra specie. Per Homo s’intende un individuo che ha determinati caratteri fisici e un certo volume celebrale, ma soprattutto la capacità di produrre.

La distinzione con gli Australopiteci è tra l’uomo “biologico” e l’uomo “filosofico”, cioè l’uomo che è in grado di prevedere, progettare e soprattutto modificare la materia. Quindi non è tanto la stazione eretta o la capacità di socializzare che li contraddistingue, ma il saper utilizzare le materie prime che si trovano in natura, modificandole. È questo che dà la patente di genere Homo rispetto al genere Australopithecus.

In teoria anche quest’ultimo aveva una capacità cranica e un uso delle mani che gli avrebbero consentito di fabbricare strumenti, ma solo in teoria. Infatti, in associazione con resti di Australopiteco, non sono mai stati ritrovati manufatti, ovvero materie grezze modificate secondo un progetto.

D: I primi strumenti in cosa sono consistiti?

R: Si parla di oltre due milioni di anni fa. Siamo in Africa, la cosiddetta culla dell’umanità. È qui che sono state rinvenute le prime schegge estratte da un blocco di pietra; qualcuna di queste è stata anche manipolata sino a darle una forma precisa. Le schegge servivano per scuoiare gli animali e macellarli; per ora non abbiamo tracce di lavorazione che attestino impieghi più raffinati per quell’epoca. Comunque teniamo presente che la nostra documentazione è parziale, perché possiamo basarci solo sulle testimonianze date dalla lavorazione della pietra. Se questa documentazione è stata preceduta o accompagnata dalla manipolazione di legno o di altro materiale deperibile che non si è conservato, non possiamo saperlo. […]