Sant’Antonio del deserto: viaggio nell’Egitto dei Copti Taccuino di viaggio

Sant’Antonio del deserto: viaggio nell’Egitto dei Copti

Archeologia Viva n. 160 – luglio/agosto 2013
pp. 72-75

di Maurizio Zulian

In un’oasi del profondo Deserto Orientale egiziano ai piedi del monte sorge uno dei monasteri più antichi della cristianità

Seduto su una panca osservo la stanza. In alto la vecchia foto di un abba (dall’aramaico apa, titolo che veniva usato in segno di rispetto per i monaci anziani) e sopra un piccolo crocefisso.

Appoggiate alle pareti alcune sedie. Gli antesignani del minimalismo devono essere passati tra queste bianche mura secolari che odorano di calce… Sono nell’astanteria dell’antica casa di accoglienza del monastero di Sant’Antonio, nel Deserto Orientale egiziano.

Per raggiungerlo, partendo dal Cairo, si percorre un’autostrada appena costruita che conduce a Sukhna sul mar Rosso; da qui, lungo la litoranea, si arriva a Zafarana e quindi (35 km nel deserto verso l’interno) al monastero.

Appena tre ore di viaggio: anche questo luogo santo, sorto più di millecinquecento anni fa in un’area lontanissima e desolata è ora facilmente raggiungibile. Ciò ha tolto un po’ di fascino al viaggio, ma non al luogo che conserva intatta la sua suggestione.

Padre Antony Ruwais, il monaco copto che mi accompagna, parla del monastero. La costruzione iniziò negli anni successivi alla morte del Santo per opera dei suoi discepoli, ai tempi dell’imperatore Giuliano l’Apostata (361-363).

Sorge ai piedi del Gebel al Galala al Qibliya, la seconda montagna più alta d’Egitto (1218 metri) dove Antonio trascorse cinquant’anni di vita ascetica. Nato intorno al 250 in un villaggio vicino a Beni Suef, nel Medio Egitto, morì nel 356 all’età di 105 anni. Così la tradizione. È considerato il padre fondatore del monachesimo, anche se non ne è stato l’iniziatore. 
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