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Circeo: nuove straordinarie scoperte in grotta

10 maggio 2021


Il Circeo torna a stupire

Fu la loro casa. 100 mila anni fa quando cercavano riparo dal freddo ma anche dalle bestie feroci che numerose abitavano il territorio. Scelsero questo anfratto affacciato sullo splendido mare del Circeo che ora torna a parlare di sé.

La scoperta della grotta nel 1939

A oltre ottant’anni dalla scoperta da parte del paleontologo Alberto Carlo Blanc di quel riparo, nella Grotta Guattari a San Felice Circeo (LT) tornano ora alla luce reperti fossili di altri nove uomini di Neanderthal, oltre a iene, resti di elefanti,  rinoceronti, orsi delle caverne e dell’uro, un grande bovino estinto.

Rinvenimenti fondamentali per lo studio dell’uomo di Neanderthal

Nel corso di ricerche sistematiche della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Frosinone e Latina in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata, iniziate nell’ottobre del 2019, sono emersi significativi reperti fossili attribuibili a 9 individui di uomo di Neanderthal: 8 databili tra i 50 mila e i 68 mila anni fa e uno, il più antico, databile tra i 100 e i 90 mila anni fa.

Questi, insieme agli altri due trovati in passato nel sito, portano a 11 il numero complessivo di individui presenti nella Grotta Guattari, che si conferma così uno dei luoghi più significativi per la storia del Neanderthal.

Tutti adulti meno uno

«Sono tutti individui adulti – ha rilevato Francesco Di Mario, funzionario archeologo della SABAP per le province di Frosinone e Latina e direttore dei lavori di scavo e fruizione della Grotta Guattari – tranne uno forse in età giovanile. È una rappresentazione soddisfacente di una popolazione che doveva essere abbastanza numerosa in zona. Stiamo portando avanti gli studi e le analisi, non solo genetiche, con tecniche molto più avanzate rispetto ai tempi di Blanc, capaci di rivelare molte informazioni».

Notizie anche sul clima

«Lo studio geologico e sedimentologico di questo deposito – ha evidenziato Mario Rolfo, docente di archeologia preistorica dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata – ci farà capire i cambiamenti climatici intervenuti tra 120 mila e 60 mila anni fa, attraverso lo studio delle specie animali e dei pollini, permettendoci di ricostruire la storia del Circeo e della pianura pontina».

Com’eravamo 

La caratteristica di questo luogo è quella di permettere un vero e proprio viaggio nel tempo: le condizioni di oggi sono sostanzialmente le stesse di 50 mila anni fa e la presenza di fossili rende la grotta un’eccezionale banca dati. I recenti scavi hanno restituito migliaia di reperti ossei animali che arricchiscono la ricostruzione del quadro faunistico, ambientale e climatico.

Al Circeo tra rinoceronti, orsi e cavalli selvatici

Sono stati determinati, oltre ad abbondanti resti di iena, diversi gruppi di mammiferi di grande taglia, tra cui l’uro, il grande bovino estinto, che risulta una delle specie prevalenti insieme al cervo nobile; ma anche  resti di rinoceronte, di elefante,  cervo gigante (Megaloceros), dell’orso delle caverne, e cavalli selvatici.

La presenza di queste specie si accorda bene con l’età di circa 50 mila anni fa, quando la iena trascinava le prede nella tana usando la grotta come riparo e deposito di cibo. Molte delle ossa rinvenute mostrano infatti chiari segni di rosicchiamento.

Ancora una volta… è solo l’inizio

Le indagini sono ancora in corso e vedono coinvolti numerosi studiosi di diversi e importanti enti di ricerca nazionali: INGV, CNR/IGAG, Università di Pisa, Università di Roma La Sapienza. Si lavora per ricostruire il quadro paleo-ecologico della pianura Pontina tra i 125.000 e i circa 50.000 anni fa, quando i nostri “cugini” estinti frequentavano il territorio laziale.

Location inedita

Le ricerche, per la prima volta, hanno inoltre riguardato parti della Grotta mai studiate, ribattezzate Laghetto per la presenza di acqua nei mesi invernali.

Proprio in quell’area sono stati rinvenuti diversi resti umani, tra cui una calotta cranica, un frammento di occipitale, frammenti di cranio (tra i quali si segnalano due emifrontali), frammenti di mandibola, due denti, tre femori parziali e altri frammenti in corso di identificazione.

Prove di comunità 

Gli scavi e le indagini hanno interessato anche all’esterno della grotta dove sono state individuate stratigrafie e paleosuperfici di frequentazione databili tra i 60 mila e i 125 mila anni fa che testimoniano i momenti di vita dell’uomo di Neanderthal, i luoghi dove stazionavano e dove, accendendo il fuoco e si cibavano delle proprie prede. Il ritrovamento di carbone e ossa animali combuste autorizza infatti a ipotizzare la presenza di un focolare strutturato.

«Una scoperta straordinaria di cui parlerà tutto il mondo – ha dichiarato il ministro della Cultura, Dario Franceschini.