31 maggio 2021
Un progenitore per tre
Si deve alla ricerca coordinata da Omar Cirilli, Lorenzo Rook e Luca Pandolfi, ricercatori dell’Università di Firenze – in collaborazione con Università di Pisa, Howard University e Smithsonian Natural History Museum di Washington DC – una nuova sorprendente teoria sull’origine degli equidi.
Successione cronologica delle principali specie del genere Equus, in correlazione con i cambiamenti climatici durante il Pleistocene
Ieri e oggi a confronto
Il nuovo tassello è il riconoscimento dell’Equus simplicidens, una specie vissuta in Nord America circa 4 milioni di anni fa, e progenitore, oltre che di cavalli e asini, anche delle attuali zebre. Per dimostrarlo, i ricercatori hanno comparato le specie attuali con numerosi resti fossili provenienti non solo dal Nord America, ma anche da Europa, Asia e Africa, producendo così la più estesa analisi filogenetica mai realizzata finora per gli equidi.
Spiega Lorenzo Rook, ordinario di Paleontologia e Paleoecologia all’Università di Firenze: «Le analisi filogenetiche permettono di individuare i rapporti evolutivi tra le specie attuali e le specie fossili; mentre le tradizionali analisi di comparazione morfologica rappresentano ancora il miglior strumento per indagare le diverse linee evolutive».
Lorenzo Rook, ordinario di Paleontologia e Paleoecologia all’Università di Firenze
Metti una zebra (fossile) a Firenze
I ricercatori sono partiti quindi dalle collezioni del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Ateneo fiorentino, dove è custodito l’esemplare tipo di Equus stenonis, la zebra fossile del Pleistocene Inferiore. Proprio questa specie è risultata essere centrale per lo studio, mostrando caratteri morfologici intermedi tra Equus simplicidens e la prima specie fossile africana, Equus koobiforensis. Quest’ultima proveniente dal celebre sito di Koobi Fora, sul lago Turkana in Kenia, che ha restituito fossili chiave per lo studio dell’evoluzione umana.
Luca Pandolfi, ricercatore dell’Università di Firenze
La comparazione di cranio, mandibola e denti di Equus stenonis con quelli delle altre due specie ha permesso ai ricercatori di stabilire l’unicità del genere Equus, che è derivato dal genere Dinohippus, presente in siti ancora più antichi che si trovano nell’attuale Messico e Stati Uniti.
Conclude Omar Cirilli, primo firmatario dello studio: «Con i progressivi cambiamenti climatici che si sono succeduti tra 3 e 2 milioni di anni fa, i primi rappresentanti del genere Equus si sono diffusi prima in Eurasia e poi in Africa.
La linea evolutiva che ha portato all’origine delle zebre e degli asini moderni è quindi identificabile in Equus simplicidens – Equus stenonis – Equus koobiforensis, attraverso una progressiva evoluzione di alcune caratteristiche del cranio che possono essere interpretate come risposta ecologica ai cambiamenti ambientali, cui queste specie si sono dovute adattare con una dieta erbivora molto specializzata, tipica di ambienti molto aridi».
In apertura Omar Cirilli ritratto nel Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Firenze. Accanto a lui il cranio (scuro) di Equus stenonis