Com’eri bella… Aquileia Ricostruire l'antico

Com’eri bella… Aquileia

Archeologia Viva n. 160 – luglio/agosto 2013
pp. 24-39

di Gianluca Baronchelli e Cristiano Tiussi

Al termine di un lungo e complesso lavoro di archeologi ed esperti di ricostruzioni virtuali l’antica città romana dell’alto Adriatico si ripresenta bella e ricca “com’era” venti secoli fa e finalmente comprensibile a tutti

Una serata calda… la luce gialla lotta con l’ombra sempre più lunga del campanile. Passeggio verso la domus di Tito Macro, incontro un gruppo di turisti che si attarda sugli scavi, senza fretta. Tre bambini, avidi di spiegazioni; domande sparate a ripetizione. La guida, brava e gentile, risponde: dovete immaginare che…, dovete immaginare…, immaginate… Come un mantra.

Già, perché Aquileia ti accoglie con un insieme di sensazioni. Dapprima ti guida – che arrivi da nord oppure da sud, dalla laguna – con i settantatré metri del campanile del patriarca Poppone (XI sec.), meglio di una cometa.

Poi ti stordisce con la maestosità della sua basilica, con i milletrecento metri dei più estesi pavimenti musivi dell’occidente romano. E poi? Si ritrae, e comincia a confonderti.

A ogni passo intuisci il suo passato, la grandezza, i cinquantamila abitanti in epoca romana imperiale (oggi poco più di tremila).

Ma cosa resta della città fondata nel 181 a.C. e rasa al suolo da Attila nel 452 d.C.? Aquileia, una delle più grandi città dell’impero, uno dei più importanti porti dell’Adriatico… Cosa resta del foro, dove pulsava la vita politica, amministrativa e sociale della città; del porto fluviale, del rumoroso mercato, dell’anfiteatro dalle dimensioni superiori a quelle dell’arena di Pola? Dove sono le alte mura, le sontuose domus? Ecco che torna il mantra, mentre i bambini ascoltano: dovete immaginare… 
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