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Ostia: tre colonne fanno una storia

14 giugno 2021


Nuove ricognizioni nuove scoperte

La prima campagna svolta dal Servizio di tutela subacquea appena istituito da Parco Archeologico di Ostia Antica non ha deluso le aspettative.

Sotto la guida di Alessandra Ghelli – neo responsabile del Servizio tutela del patrimonio subacqueo – con l’aiuto del Nucleo carabinieri subacquei di Roma e del Nucleo Tutela del patrimonio culturale di Roma,  sono stati individuati nella Fossa Traiana (il canale artificiale scavato da Traiano per collegare il suo porto con il Tevere e che corrisponde all’odierno canale di Fiumicino) tre grandi fusti di colonne in marmo.

Pur parzialmente interrate nel letto e nell’argine, a cinque metri di profondità, le colonne superano il metro di diametro e i due metri e mezzo di lunghezza.

 

Alessandro D’Alessio, direttore del Parco Archeologico di Ostia Antica, racconta la scoperta ad Archeologia Viva.

«Il battesimo del nuovo servizio di tutela archeologica subacquea del Parco di Ostia Antica non poteva essere più fortunato… Siamo molto contenti. Le colonne possiamo dire che non sono venute “alla luce” (sono ancora sul fondale) ma “al tatto”, date le scarse condizioni di visibilità. Ora procederemo col verificare di che tipo di marmo erano fatte, se di tipo italico o  proveniente da altre cave».

«Non dimentichiamoci che questo è il più grande porto e scalo marittimo del mondo antico. Ostia era Roma sul mare, la capitale dell’Impero non poteva che avere dalla prima età imperiale in poi un’infrastruttura portuale di queste dimensioni. Oggi sarebbe paragonabile ai più importanti porti del mondo Shangai, Tokyo, Rotterdam…»

«Nell’antichità questo scalo doveva essere un’infrastruttura monumentale, sontuosa e in cui affluivano i traffici da ogni luogo del Mediterraneo. La Roma imperiale, nei primi secoli dopo Cristo, era senza dubbio l’approdo più ambito, il più fiorente dei mercati per i marmi provenienti dalle cave disseminate lungo tutto il Mediterraneo, dalla Spagna al Mar Nero, passando per le coste egiziane.»

Come finirono in acqua?

«Dubito che siano state intenzionalmente gettate, nemmeno in epoca tarda, perché il marmo era un bene prezioso, anche volendosi disfare delle colonne avrebbero comunque cotto il marmo per ricavarne calcina».

«È molto probabile invece che sia stato un “naufragio” ovvero che per qualche motivo i fusti siano finiti in acqua indipendentemente dalla volontà di chi li stava trasportando. A volte una piccola parte dei carichi affidati al trasporto fluviale contro corrente lungo il Tevere, destinato alla stazione dei marmi al Testaccio, andava soggetto a incidenti di percorso e una volta finita fuori bordo diventava difficilmente recuperabile, specie se di dimensioni imponenti come le nostre colonne».

Piena ripartenza e nuovi obbiettivi

«La mia intenzione in questi anni è quella di potenziare al massimo l’apertura anche costante dei siti che fanno parte del Parco archeologico di Ostia Antica, ma che sono meno noti e frequentati. Le persone tendono a identificare il nostro Parco con gli scavi di Ostia che certamente sono importanti, però non vorrei che restassero nell’ombra la necropoli di porto all’isola sacra, e soprattutto i porti imperiali di Gaudio e Traiano oltre a una costellazione di siti minori.  Fanno parte di un’identità del parco si deve cominciare a vedere nel territorio. Pensiamo dunque a grandi eventi per una rinnovata visibilità».