Vincere e perdere da Olimpia a oggi XXXII olimpiade di Tokyo

Archeologia Viva n. 208 – luglio/agosto 2021
pp. 26-39

di Masanori AoyagiUmberto Pappalardo 

Dai primi di Olimpia (776 a.C.) agli attuali di Tokyo (2021 d.C.) i Giochi per eccellenza hanno sempre espresso al meglio l’impegno fisico e mentale a cui può arrivare il genere Homo per toccare un traguardo dove la sfida è prima di tutto con se stessi e… non solo per partecipare

Nudi al traguardo. Negli antichi Giochi Olimpici si gareggiava senz’abiti, come gli dèi delle statue, che a loro volta emulavano i meravigliosi corpi degli atleti. Ammirati da tutti per la forza e il coraggio, si poteva anche morire per i colpi di pugilato o nelle corse dei carri che spesso si rovesciavano in curva. In ogni caso era preferibile morire di gloria piuttosto che vivere umiliati nella sconfitta.

Per ottenere cosa? Nell’immediato un semplice ramoscello di olivo, reciso nel boschetto sacro alle spalle del tempio di Zeus, poi, una volta a casa, doni in natura e un premio in denaro del valore di cinquecento pecore. Inoltre, per tutta la vita partecipazione gratuita ai banchetti periodicamente organizzati, rispettati come eroi, venerati come semidei.

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