Metamorphoses. L’amore, i tradimenti, la vendetta, la morte Fra Romanità e Umanesimo

Metamorphoses. L’amore, i tradimenti, la vendetta, la morte

Archeologia Viva n. 158 – marzo/aprile 2013
pp. 38-47

di Francesca Ghedini

Le numerosissime leggende che circolavano in età romana si trovano in buona parte nel poema di Ovidio

Il multiforme poeta che scelse di cantare le molto umane vicende di dèi ed eroi interpretando magistralmente – e non senza una sottile ironia – la società che andava mutando e le contraddizioni fra una visione frivola ed edonistica a cui tanta parte dell’aristocrazia aveva ceduto e il modello delle virtù della Roma primitiva che Augusto voleva imporre

Fra i grandi poeti della latinità classica Ovidio (Sulmona 43 a.C. – Tomi 17 d.C.) è certamente quello che più ha influenzato l’immaginario moderno: Metamorphoseon libri XV, le Metamorfosi, il celebre poema ovidiano dedicato al cambiamento, è riemerso dai secoli bui del Medioevo fra XII e XIII secolo, divenendo oggetto di traduzioni, revisioni, reinterpretazioni, edizioni critiche, spesso riccamente illustrate, che hanno fornito materia a componimenti poetici e letterari e a composizioni figurate.

Gli echi del mondo immaginifico creato dal cantore del mondo in cambiamento sono ravvisabili anche nella Divina Commedia: il sommo poeta non solo conosceva bene il grande affresco della mitologia antica, che attraverso i sotterranei canali della trasmissione amanuense era stato preservato dalla distruzione, ma con esso duellava in una gara per la supremazia nella capacità di rappresentare con la parola la mutevolezza delle forme in divenire.

Da allora i protagonisti delle intricate vicende narrate nelle Metamorfosi accesero la fantasia di scrittori, poeti, pittori, scultori che trasposero nel mezzo artistico a loro disposizione sequenze narrative ispirate ai racconti ovidiani: il magico mondo del mito, in cui aleggiava l’eco di un’antichità idealizzata e rimpianta, entrò a far parte dell’immaginario di dotti ed eruditi, che lo trasmisero a un pubblico sempre più ampio.

Pareti e soffitti di case e palazzi nobiliari, delle immense ville di campagna, dei casini di caccia, furono ornate con immagini di eroine ed eroi cantati dal poeta di Sulmona, con un’aderenza al testo così puntuale da far pensare che gli artisti dell’epoca si facessero un vanto di tradurre il testo poetico in illustrazioni il più fedeli possibile. […]