Taras e Vatl nel segno di Poseidon Magna Grecia ed Etruria

Archeologia Viva n. 209 – settembre/ottobre 2021
pp. 18-27

di Simona Rafanelli in collaborazione con Eva Degl’Innocenti

Due città – Taranto e Vetulonia – fiorite nel comune denominatore di un mare dove insieme a creature mostruose si muovono divinità protettrici ed eroi fondatori

Fu un legame profondo di civiltà con molti elementi condivisi fra Greci ed Etruschi di cui ci parlano due mostre nei rispettivi musei

Due culture, due populi, due città, fiorite sotto un unico comune denominatore, quel Mediterraneo che ne riecheggiava i viaggi, i celebri ritorni (nostoi) e le famigerate gesta, come quella del rapimento del dio della vite e del vino da parte dei pirati Tirreni di cui il quinto Inno Omerico conserva memoria e di cui persino un frammento di rilievo in calcare che ornava un perduto monumento funerario tarentino sembra custodire il ricordo, restituendo la sequenza della dolorosa punizione inflitta da Dioniso ai pirati stessi, trasformati in delfini.

Un mare che, come testimonia una piccola giara micenea del Bronzo recente (XIII sec. a.C.), segna le rotte dei “primi” Greci verso la penisola salentina, mentre nei seni dell’alto Tirreno orientava le prore dalle isole di Corsica e Sardegna, le Kyrnos e Sardò dei figli di Odisseo e di Circe, verso il “distretto minerario” d’Etruria, che pochi secoli dopo vedrà levarsi quei tumuli monumentali, capaci in età storica di guardare alle maestose tholoi di Micene e alle imponenti fortezze nuragiche dell’età del Bronzo come ai loro maggiori modelli.

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